In pochi giorni tutto cambia: Covid-19 diventa una terribile realtà destinata a rimanere a lungo nella memoria collettiva. E si comincia ben presto a vederne gli effetti: nuove disposizioni per garantire la sicurezza sanitaria pubblica, restrizioni, creazione di nuovi posti di ricovero negli ospedali e il riattamento di strutture ormai dismesse sia civili che militari. Le lungaggini portano in là le cose, fino al momento in cui vien dato il via alla realizzazione dell’Ospedale da Campo degli alpini. Ma non solo.
Le amministrazioni pubbliche cominciano a chiedere un aiuto per aprire vecchie strutture ospedaliere, i sindaci a chiedere collaborazione di volontari per coadiuvare attività di supporto alla popolazione (fare la spesa per gli anziani, trasportare persone, poi più in là la consegna di bombole di ossigeno) e a Bergamo, con l’avvio formale degli interventi di realizzazione dell’ospedale degli alpini, anche un forte impegno della Protezione Civile Ana per il supporto logistico alla struttura ospedaliera in fiera.
Ecco quindi che a turni si dà inizio alla realizzazione di un campo logistico per consentire ai volontari che stanno realizzando l’ospedale di poter avere un pranzo caldo e la cena. Viene attivato a Comun Nuovo, presso il locale Gruppo, un primo magazzino in cui far confluire materiali e derrate alimentari; viene installata la segreteria, aperte linee telefoniche e internet per il campo, montate tende per il personale in transito e per chi opera in ospedale. Si lavora senza mugugni, qualche improperio sì, ma non è per cattiveria…
In questa fase alla Protezione Civile Ana viene anche chiesto di collaborare con l’Esercito per l’arrivo del 7º reggimento difesa Cbrn “Cremona” e di un reparto delle Forze Armate Russe che, destinati a Bergamo, verificheranno come intervenire. Anche Pasqua, il lunedì dell’Angelo e la domenica successiva, (la Pasqua ortodossa per i russi), i lavori non si fermano. Sono giorni terribili per Bergamo: la città e alcuni paesi della provincia sono colpiti ogni giorno da numerosissimi lutti.
E lavorando spesso succede di trattenere le lacrime quando si viene a conoscenza dell’alpino “andato avanti”, dell’amico in gravi condizioni e dell’impossibilità di fare alcunché se non pensare che tutto abbia fine al più presto. Poi con il passare dei giorni l’emergenza si fa via via meno pressante e si guarda a quanto è stato fatto. Certamente qualche “errore” organizzativo nella complessità dell’intervento si è verificato e magari ha dato spunto a discussioni, ma tutti abbiamo tenuto fede ai motti “per gli alpini non esiste l’impossibile” e “nec videar, dum sim”. Noi ci siamo.
Carlo Macalli