Nelle cave di pietra la storia di un paese

    0
    137

    A Lubiara, nel Veronese, gli alpini hanno creato un museo recuperando strumenti di lavoro e memorie.

    In tante frazioni le tradizioni locali sono affidate alla memoria degli alpini. Sono infatti gli alpini che raccolgono testimonianze, che custodiscono strumenti di lavoro divenuti reliquie. E molto spesso sono proprio gli alpini che recuperano un patrimonio storico che altrimenti andrebbe inesorabilmente perduto. Lo fanno non certo per il piacere del collezionismo: salvando attrezzi da lavoro, ristrutturando manufatti, raccogliendo in un libro come eravamo, salvaguardando l’identità di un
    luogo, di una comunità che altrimenti perderebbe la propria caratteristica e con questa i propri valori.
    È quanto hanno fatto gli alpini del gruppo di Lubiara, della sezione di Verona, che hanno allestito il Museo del marmo, dell’estrazione e della lavorazione della pietra .
    Il museo, ospitato a Villa Nichesola, sede della Comunità montana del Baldo, in località Platano di Caprino Veronese, rientra in un più ampio progetto culturale, denominato Scopripreara, che intende recuperare la storia della popolazione del territorio, una storia che è tutt’uno con l’estrazione del marmo dalle cave, unica fonte di sostentamento per intere generazioni. Alla raccolta dei cimeli hanno contribuito tante famiglie di Lubiara, che spontaneamente hanno consegnato agli alpini attrezzi antichi che custodivano in casa, documenti, fotografie.
    La Comunità montana del Baldo ha messo a disposizione l’androne del palazzo Nichesola, che gli alpini hanno provveduto a ristrutturare prima di allestire il museo.
    Sono raccolti gli attrezzi più disparati per l’estrazione e la lavorazione del marmo: mazze, scalpelli, carretti per il trasporto, un vecchio argano e tante altre cose ancora. Accanto ad ogni pezzo, una didascalia ne spiega l’impiego e la famiglia di origine.
    Completano la panoramica nel passato, pannelli di fotografie: ci sono immagini di scalpellini, di visite pastorali alle colonie dei figli degli operai, di emigranti.
    Oggi ci sono ancora cinque cave aperte, sono cambiate le condizioni di lavoro e quel museo, quelle fotografie, hanno il sapore del dagherrotipo del tempo andato, che consideriamo senza nostalgie ma con benevolenza, perché anche questo fa parte della nostra storia e della nostra identità.