MONZA – In memoria di don Carlo Consonni

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    Anche questo anno, in forma ridotta e più contenuta per rispettare le norme anti contagio Coronavirus, gli alpini di Biassono si sono dati appuntamento il 27 giugno al santuario della Madonna della Brughiera per onorare don Carlo Consonni che fu cappellano e capitano di artiglieria da montagna durante la Prima guerra mondiale. Ma chi era don Carlo, “ul Cùraton”? Nel giugno del 2016 il Gruppo di Biassono pubblicò il libro “Don Carlo Consonni: la vita e le opere” e proprio da questo testo si ricavano le informazioni su don Carlo: alpino, prete, cappellano, parroco.

    Consonni nacque il 15 maggio 1884 a Lazzate e dopo aver compiuto gli studi rituali viene ordinato prete nel 1909. Svolse il suo apostolato prima in mezzo ai piccoli seminaristi come vice rettore poi come coadiutore a Cantù. Nel 1915 partì per il fronte inquadrato nel 12° raggruppamento artiglieria da montagna del quale divenne cappellano. Compì il proprio dovere con entusiasmo e abnegazione e fu più volte segnalato dall’autorità militare e gli fu concessa la Croce di cavaliere ufficiale della Corona d’Italia. Si congedò nel 1919 e per tre anni fu redattore del settimanale “Il Resegone” di Lecco. Poi, dal 1922, don Carlo fu parroco a Belledo dove lasciò il segno. Il sacerdote ridiede nuovo impulso alla vita religiosa.

    Non esitò a utilizzare i suoi denari per il decoro della chiesa e altre opere parrocchiali come la costituzione dell’asilo infantile sopra la sacrestia, il restauro della chiesetta di Sant’Alessandro e la realizzazione di una cappella dedicata ai 12 caduti di guerra belledesi perché non cadessero nell’oblio. Opere religiose dunque, ma anche degno ricordo dei Caduti e strutture per i bimbi. Il suo nome a Lecco era sulle labbra di tutti. Nel 1935 lascia Belledo per prendere possesso della parrocchia di Biassono dove visse lo scoppio della Seconda guerra mondiale.

    Don Consonni, che subito intuì la piega che avrebbero potuto assumere gli eventi, ancora una volta, fedele all’insegnamento alpino, “C’è bisogno… Eccomi, pronti via…!”, si diede da fare: organizzò nuovamente funzioni religiose per i soldati biassonesi impegnati sui diversi fronti di battaglia, assistette spiritualmente, confortandole con la sua parola, quelle famiglie colpite dai lutti della guerra, si impegnò per la liberazione dei propri parrocchiani incarcerati ingiustamente dai fascisti (famoso l’episodio in cui ottenne la liberazione di don Carlo Colombo, coadiutore presso l’oratorio maschile e del fratello, presentandosi alla villa Reale di Monza, sede del comando fascista, in divisa di capitano degli alpini).

    Egli pensò al restauro della chiesetta della Madonna della Brughiera come voto, come segno tangibile di ringraziamento alla Vergine nel caso il paese fosse uscito indenne dal conflitto. Mai venne meno il suo impegno a favore dei deboli e degli oppressi. A Biassono rimase fino alla morte avvenuta il 23 giugno del 1951. Ai funerali una folla oceanica invase la cittadina. Anche Aldo Varenna, adamellino, reduce della Grande Guerra e presidente della Sezione fino al 1945 volle portargli l’ultimo saluto. E da allora gli alpini della zona si ritrovano nella chiesetta dove, per sua espressa volontà, vennero traslate le sue spoglie, “per non dimenticare”.