Missione compiuta

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    Adesso gli alpini riminesi possono, a ragion veduta e più che soddisfatti, dire di aver compiuto la missione. Rinviata due volte a causa della pandemia, la 93ª Adunata nazionale ha visto infatti dilatarsi a dismisura i tempi di realizzazione, mettendo le penne nere a dura prova quanto a “resistenza organizzativa”. Ma se la grande sfilata di maggio aveva dato coronamento ai loro sforzi, a completare il quadro mancava ancora un tassello fondamentale, soprattutto in chiave di testimonianza e futuro: perché dell’Adunata rimanesse infatti qualcosa più di un ricordo, era importante lasciare un segno del legame tra le penne nere e la città romagnola, segno che fosse al tempo stesso un’opera idonea a trasmettere storia e valori delle penne nere.

    Così l’Ana, in collaborazione con la Sezione Bolognese-Romagnola e il Gruppo alpini riminese, ha scelto di realizzare un “monumento dedicato al 150º anniversario di costituzione del Corpo degli alpini” e di collocarlo tra il verde del parco Fabbri della città di Rimini, poco lontano dal celeberrimo Arco d’Augusto. Monumento che è stato inaugurato sabato 3 dicembre, quasi anche a voler suggellare la chiusura del 150º anno di vita del Corpo degli alpini, presenti il nostro presidente, Sebastiano Favero, il comandante delle Truppe alpine, gen. C.A. Ignazio Gamba e, per la città di Rimini, l’assessore Francesco Bragagni. Con loro, a fianco del Labaro dell’Ana, una folta rappresentanza del consiglio direttivo nazionale, alcune centinaia di alpini, la fanfara della Sezione Abruzzi e un picchetto del 9º reggimento alpini de L’Aquila.

    Proprio sulla capacità di questo originale monumento di trasmettere anche ai giovani con immediatezza e quasi didascalicamente i nostri valori hanno insistito sia il gen. Gamba, sia il presidente Favero, mentre l’assessore Bragagni ha sottolineato con gratitudine la saldezza del connubio che si è venuto a creare tra Rimini e le penne nere, a cui la gente esprime sempre affettuosa gratitudine.

    L’ideatore-autore del monumento è Guglielmo Dotti, negli anni Sessanta artigliere del 5º, che ha realizzato l’opera come excursus attraverso la storia delle penne nere: su un basamento arcuato, realizzato in blocchi di calcestruzzo, con impianto di illuminazione a led integrato, si ergono infatti dodici figure di alpini, bidimensionali, a grandezza naturale, realizzate in acciaio corten dal caratteristico color ruggine, che portano le divise del Corpo dal 1872 al 2004, anno in cui fu sospesa la leva obbligatoria. Le ultime quattro, tra cui due rappresentanti della Protezione Civile Ana, salutano la Bandiera su un pennone alto nove metri.

    Alle loro spalle fa da sfondo e cornice uno scenario in cui compaiono anche un dromedario, perché il primo impiego in missione degli alpini fu tra le dune africane e l’amato mulo, che per tanti decenni ha accompagnato i soldati della montagna. «Ho pensato – racconta Dotti – a cosa potesse raccontare un’opera come questa ad un ragazzino che va al parco con il nonno: per questo gli alpini raffigurati nel monumento non hanno atteggiamenti eroici, ma sono come tutti noi, giovani chiamati a servire la Patria e che a quel servizio si adeguarono, col pensiero, specie nei tempi di guerra, sempre rivolto alla casa lontana e agli amici che non ce l’avevano fatta».

    L’inaugurazione del monumento è stata inserita in una sorta di “due giorni” alpina che il venerdì ha compreso anche l’allestimento sotto i portici del palazzo comunale in piazza Cavour una mostra fotografica dedicata al 150º degli alpini e, sempre venerdì, al felliniano cinema Fulgor in corso d’Augusto, una narrazione di Sergio Stefani sui 150 anni, corredata delle immagini dell’archivio della Sede nazionale Ana e dalla musica della fanfara della Sezione Abruzzi.

    ma. cor.