Benedetto Croce dice che “la nostra storia è storia della nostra anima; e storia dell’anima umana è la storia del mondo”. La storia da imparare, insegnare, ricordare e tramandare è uno dei valori chiave dell’azione degli alpini, uno dei motivi che li spinge a compiere ogni anno il pellegrinaggio sul Monte Pasubio, al quale la Sezione di Vicenza è intitolata. Un appuntamento irrinunciabile che anno dopo anno richiama sempre più persone, anche non alpini, a dispetto dell’età che avanza e di una società sempre più individualista.
Nemmeno i tuoni e i fulmini hanno spaventato le oltre 500 penne nere provenienti da tutta Italia che il 31 agosto sono salite ai Denti italiano e austriaco, per rendere omaggio ai Caduti della Grande Guerra. A celebrare la Messa, nella suggestiva chiesetta di Santa Maria del Pasubio, don Paolo Zampiva, parroco alpino, che ha incentrato le sue parole sul concetto di umiltà. Ma il Pasubio resta per tutti la montagna sacra, un luogo dove sono saliti in tanti, ma sono tornati in pochi. In quota sono salite numerose autorità civili e militari e i fanti con il loro labaro.
A rappresentare le Truppe Alpine il col. Giovanni Santo, comandante del reggimento addestrativo Aosta. Luciano Cherobin, Presidente della Sezione Vicenza “Monte Pasubio”, ha detto che «la cosa più suggestiva è stata la partecipazione di tanti giovani. Ognuno porterà a casa nel proprio cuore il silenzio di queste montagne e il ringraziamento di tutti coloro che sono morti quassù e che oggi abbiamo ricordato». L’indomani, dopo il temporale in quota, un caldo sole ha illuminato l’area sacra dell’Ossario del Pasubio sul Colle di Bellavista, gremita di alpini e fanti, civili, autorità militari, tra le quali il vice comandante delle Truppe Alpine gen. Bellacicco, autorità civili con il Presidente del Consiglio regionale del Veneto Roberto Ciambetti, numerosi sindaci, il Presidente della Fondazione 3 novembre 1918 gen. Innecco.
Tredici vessilli sezionali e un centinaio di gagliardetti si sono levati per rendere onore ai soldati del Pasubio: loro ci sussurrano, ci chiedono di non dimenticarli e di mantenere fede a quel giuramento di fedeltà alla Patria sancito con il servizio militare, ma che dovrebbe essere insito nel cuore di ciascun italiano degno di questo nome. «Dobbiamo custodire i valori che questi Caduti ci hanno donato con il loro sangue – ha detto il gen. Bellacicco – ricordando il loro senso del dovere, compiuto anche a scapito della propria vita».
La cerimonia religiosa è stata officiata da mons. Bruno Fasani che ha rivolto un accorato appello a taluni vescovi che impongono nelle loro diocesi la modifica della Preghiera dell’Alpino: è scattato l’applauso dei convenuti che si sono sentiti liberi di recitare in coro la preghiera così come nata. Il vice Presidente sezionale Paolo Marchetti ha ricordato che i monti vicentini sono un grande altare che ha visto il sacrificio di tanti uomini. Dobbiamo farne tesoro: non si tratta di un semplice sforzo di memoria, ma di testimoniare la storia che è stata.
Monica Cusinato