Luogo carico di storia

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    La Marmolada si è offerta ancora una volta come incomparabile fondale al raduno degli alpini al rifugio Contrin. Centinaia e centinaia di penne nere, tra cui un baldo 93enne che è salito da solo, a piedi, per tutte le quaranta edizioni del raduno, hanno raggiunto i 2.016 metri della struttura incamminandosi di buon mattino: ma davvero in tanti erano arrivati in quota la sera prima, riempiendo tutti gli spazi disponibili, per trascorrere una serata insieme nel rifugio che il capitano Andreoletti volle ricostruire dopo che i suoi cannoni l’avevano colpito durante la Prima guerra mondiale e che da allora è una preziosa proprietà dell’Ana.

    Preziosa sia perché inserita in uno degli scenari più belli delle Alpi, sia perché, con i suoi cento anni, è testimone granitico della nostra storia. Una giornata limpida come non mai ha consentito a tutti di godere della bellezza alpina della conca in cui il rifugio è adagiato e ha reso ancora più bello assistere alla cerimonia prevista per l’occasione, che ha assunto i caratteri annuali della solennità, plasticamente rappresentati dalla partecipazione del Labaro. E la solennità è stata accentuata dalla folta partecipazione di autorità, a cominciare dal presidente della Provincia autonoma di Trento, Maurizio Fugatti, dalla senatrice trentina Elena Testor e dal sindaco del comune di Sèn Jan di Fassa (nel cui territorio si trova il Contrin) Giulio Florian.

    L’Ana era rappresentata al massimo livello dal presidente Sebastiano Favero, da una folta schiera di consiglieri nazionali e dal presidente della Sezione di Trento, organizzatrice della cerimonia, Paolo Frizzi. E anche il comandante delle Truppe Alpine, gen. c. a. Ignazio Gamba non ha voluto mancare all’appuntamento, salendo al rifugio con alcuni ufficiali e sottufficiali del suo staff e scortando con il nostro presidente il Labaro nella breve sfilata per l’ingresso nello schieramento subito prima dell’alzabandiera a lato della chiesetta del Contrin.

    La cerimonia del raduno è sempre essenziale, ma carica di significati: dopo l’onore ai Caduti, al cippo che ricorda il cap. Andreoletti, numerosi interventi delle autorità hanno preceduto la celebrazione della Messa, affidata per il settimo anno consecutivo a padre Gianni Landini, sacerdote alpino (che non ha nascosto il suo rammarico per non poter essere qui anche l’anno prossimo perché gli è stata data una nuova missione pastorale). Unanimi le espressioni di apprezzamento per gli alpini da Florian, Fugatti e la Testor, ciascuno dei quali ha toccato e tocca quotidianamente con mano il tenace rapporto delle penne nere con il territorio, nella cui vita sociale incidono attivamente e profondamente, senza mai chiedere nulla in cambio. In particolare, Fugatti ha ricordato l’impegno delle squadre trentine Nu.Vol.A. all’inizio della guerra in Ucraina per realizzare una struttura che accogliesse i rifugiati appena fuori dai confini del martoriato Paese e quello ancora in corso di quelle della Protezione civile Ana nei comuni devastati dall’alluvione in Emilia Romagna.

    Il gen. Gamba ha sottolineato l’importanza della presenza degli alpini in questi luoghi carichi di storia: «Vedo, ha detto, oltre duecento gagliardetti di Gruppo e una quarantina di vessilli sezionali, segno concreto della voglia di esserci e testimoniare i nostri valori». Il presidente sezionale Frizzi e quello nazionale Favero, poi, hanno insistito con forza sulla necessità di istituire per tutti i giovani italiani un servizio alla Patria obbligatorio, moderno e condiviso, imperniato soprattutto sulle necessità di protezione civile, per contribuire alla formazione di cittadini consapevoli fornendo loro motivazioni e valori che, per esempio, nei nostri Campi scuola dimostrano di desiderare e saper accogliere con grande piacere, rispondendo sempre positivamente.

    ma. cor.