Permettimi di darti del Tu, che mi par meglio. Classe 1956, sono iscritto all’Ana da diciassette anni come “aggregato” che però è un gran brutto termine e mi si addice certo meglio “amico degli alpini”! Un amico vero, come tanti del resto, che apprezza l’Ana e le sue opere e che, per qualche ragione insondabile, sente ancora il dolore degli alpini, delle madri, delle famiglie. Lo scorso anno sentii di compiere una “missione” in memoria di mio suocero, e in occasione dell’Adunata, portai il suo cappello alpino al Passo Mendola; successivamente, ricevetti in custodia da mio cognato il cappello di artigliere alpino di mio nipote, per cui sono in possesso di due autentici cappelli alpini che rappresentano epoche, persone, alpini diversi. Ora, pur con pudore e discrezione, mi piace o mi piacerebbe talvolta indossare il cappello con la penna, ma so che si discute sulla rivista e gli alpini ortodossi, quelli che hanno fatto il servizio militare, ne sono giustamente gelosi. Come in tutte le cose, credo che occorra buon senso ed un poco di elasticità e mi permetto di fare una proposta, non certo l’unica possibile: io credo che un amico degli alpini, dopo dieci anni di appartenenza e sostegno all’Ana potrebbe chiedere, ed eventualmente ottenere dalla propria Sezione, un permesso, un’autorizzazione, ad onorare con il di lui cappello un alpino “andato avanti” o un altro che non è più presente… Non ti parrebbe un buon modo per onorare vivi e morti ed il cuore stesso del Corpo degli alpini? Sottolineo che il feltro alpino non è più solo un utile capo di vestiario e un distintivo, ma da lungo tempo è ormai un archetipo radicato nel nostro inconscio collettivo di montanari e di italiani; è parimenti entrato a far parte della ritualità: Gesù era ed è tuttora essenziale e disdegnava la ritualità, ma noi siamo uomini e dei nostri riti abbiamo ancora bisogno.
Andrea Carlo Lanza
Caro Andrea, dal punto di vista morale il tuo ragionamento si presta anche ad essere condiviso, ma nei fatti il cappello non può essere ridotto a questione affettiva o morale. Chi lo porta lo ha ricevuto dallo Stato, quale distintivo per un servizio prestato alla Patria, dentro un Corpo particolare. Ed ecco il perché della sua esclusività, a prescindere dalle migliori intenzioni.