LECCO – Il Cristo degli Alpini

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    Articolo di tipo Le Nostre Sezioni pubblicato nel numero di Gennaio 2019 dell’Alpino

    Sono tanti gli appuntamenti nel calendario delle feste alpine, ma solo alcuni restano nel cuore più di altri per le emozioni che sanno suscitare e la particolare storia a cui sono legati. La cerimonia al Cristo degli alpini sullo Zucco Campelli è di certo una di queste. Fin dalla fondazione, decisa il 1º settembre 1963 al Rifugio Cazzaniga (ora Cazzaniga-Merlini) tappa obbligata ancor oggi per chi da Artavaggio sale allo Zucco, era nata fra gli alpini di Cremeno l’idea di legare il destino del Gruppo a quella montagna che domina l’altopiano della Valsassina, nota fin dall’inizio del secolo ai primi skiatori che proprio su quelle pendici avevano iniziato a cimentarsi.

    La proposta lanciata dai giovani venne accettata all’unanimità, nacque così il Gruppo Campelli di Cremeno. Tre anni dopo, nell’assemblea annuale, il Capogruppo Giovanni Devizzi, un po’ a sorpresa, disse che era giunto il momento di pensare ad un monumento che ricordasse Caduti e dispersi. Il progetto accese la discussione, ognuno aveva la sua idea sul tipo di monumento, ma su una cosa tutti furono subito d’accordo: doveva sorgere a Cima Campelli. Pierambrogio Pozzoni fu incaricato del progetto, il segretario del Gruppo Gildo Combi fornì lo spunto mostrando l’effige di un Cristo stilizzato da realizzare in ferro. Pierambrogio si mise all’opera preparò disegni sempre più accurati, finché arrivò il momento della realizzazione.

    Fu scelta la ditta F.lli Galbusera di Valmadrera che in breve tempo completò l’opera. Si doveva poi risolvere il problema del trasporto. La funivia che da Moggio porta ad Artavaggio certo facilitava un po’ le cose, ma dall’arrivo della funivia per il lungo tratto che porta alla cima, il Cristo del peso di oltre 50 chili, doveva essere portato a spalla. Si pensò ad una portantina come quelle usate dai cacciatori per portare le gabbie con gli uccelli da richiamo in gergo “capra”. Le prove dettero esito positivo. Venne il giorno stabilito il 28 agosto 1966. Verso le 8 partì un corteo di auto con gli alpini e le autorità scortato da motociclisti, come si usava allora, poi il trasporto in funivia, e da lì un lungo corteo con il Cristo in testa e la banda Santa Cecilia di Barzio. Primo frazionista fu Giovanni Devizzi poi via via di spalla in spalla si giunse finalmente in cima con l’indimenticabile “Presidentissimo” Ugo Merlini, ultimo frazionista. Alle 11,30 il Cristo fu poggiato sul basamento.

    Seguì la Messa celebrata da don Carlo Alberto Crippa già cappellano militare e parroco di Cremeno, in un luogo che può essere sicuramente definito una cattedrale di rara bellezza. Quest’anno sono potuto finalmente tornare su queste montagne a cui sono legato da tanti bei ricordi. La cerimonia è rimasta fedele all’originale sobria ed essenziale, senza discorsi perché qui a parlare sono è il cuore, il vento, il cielo e le montagne. Alla fine della cerimonia mi sono fermato un attimo, poi sono sceso in solitudine e mi sono preso il tempo per meditare e riempirmi gli occhi con quel meraviglioso paesaggio, ho visto cose nuove e rivisto scene del passato. Qui negli anni ho avuto la fortuna di incontrare persone semplici, ma capaci di cose eccezionali. Se gli alpini sono quello che sono lo dobbiamo a loro, noi abbiamo il compito non facile di proseguire la loro storia. Una sosta alla baita “La Bocca” recentemente ristrutturata dagli alpini di Cremeno, un boccone, un bicchiere di vino in compagnia, in fondo, come un tempo, gli alpini si accontentano di poco e l’allegria non manca mai. Poi lungo la discesa una sosta al “nostro rifugio” Cazzaniga-Merlini e il ritorno con nuove emozioni da aggiungere al libro dei ricordi. Passano gli anni e tutto cambia intorno a noi, ma il cuore alpino no e come sempre dopo una giornata così si torna a casa con la gioia nel cuore.

    Mariano Spreafico