Le tante anime del ritrovarsi insieme

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    A Casale Monferrato uno splendido raduno del 1º Raggruppamento.

    di Renato Traverso

    Ma alla fine, cos’è un raduno? (La domanda potrebbe riguardare anche un’adunata, oppure una semplice cerimonia in cui però ci siano alpini ). Chiedetelo ad uno qualunque degli oltre 320mila alpini della nostra Associazione, e si troveranno probabilmente nello stesso imbarazzo che colse Sant’Agostino nel definire il tempo: tutti sanno cos’è, ma nessuno riesce a spiegarlo agli altri. Il fatto è, con tutto il rispetto per i Padri della Chiesa, che in un raduno ci sono molte componenti molte anime, possiamo dire che contribuiscono a rendere il ritrovarsi periodico di alpini, pochi o tanti non importa, un avvenimento speciale, colorato, emozionante, coinvolgente

    Quello che segue è il tentativo di rivivere una parte di tutto ciò, raccontando uno splendido 7º raduno del 1º Raggruppamento, il 15 16 17 ottobre scorso. Non vuole essere solo la cronaca di alzabandiera, autorità civili ed o­nori militari, alla presenza del nostro glorioso Labaro e del presidente nazionale Corrado Perona, consiglieri nazionali e presidenti di sezione, ma anche tutto un insieme di elementi che hanno vivacizzato il sonnacchioso tran tran di una tranquilla città di provincia.

    L’ORGOGLIO. Gli alpini sono gente seria; dietro ogni iniziativa c’è comunque una giustificazione che al di là degli effetti pratici, ha sempre una forte tensione morale. Casale Monferrato festeggiava nel 2004 il 75º della fondazione della Sezione, e questo era il motivo ufficiale per organizzare una festa con le sezioni vicine di Piemonte, Liguria, Valle d’Aosta e Francia (e si sono aggiunte rappresentanze di Lombardia e Veneto ). Ma la vera occasione di festa era un’altra: l’ultimo sforzo concluso con successo dalla sezione, il salvataggio della cripta consacrata ai Caduti del Monferrato.

    La cronaca è semplice, come in un racconto di montagna: nel sotterraneo di una chiesa casalese la passione lungimirante di un sacerdote salesiano, don Ermenegildo Bianco, aveva raccolto all’indomani della Grande Guerra i nomi di tutti i Caduti monferrini; nella sua opera di missionario per i paesi della diocesi era sembrato giusto perpetrare nel marmo di un luogo benedetto il ricordo di coloro per lo più, umili contadini e sconosciuti operai che avevano dato la vita per la Patria, consegnandoli così alle generazioni future. Come sappiamo, poi, la storia non si è arrestata nel suo crudele cammino, ed a quel già lungo elenco, oltre ai Caduti delle guerre risorgimentali, si aggiunsero di lì a poco anche quelli del secondo conflitto mondiale e della guerra di liberazione. In totale, oltre quattromila nomi tappezzano le pareti della cripta!

    Purtroppo il tempo e l’umidità avevano quasi completamente cancellato le iscrizioni, l’incuria degli uomini rischiava di far svanire, assieme ai nomi, anche il ricordo di quelle giovani vite; una vergogna inaccettabile per gli alpini, eredi di fatto di quei valori civili, culturali e patriottici che avevano permesso la realizzazione del sacrario. Ora, dopo due anni di collette, spasmodica ricerca di fondi pubblici, generose offerte e tanto duro lavoro, il sacrario è tornato al suo originale aspetto. C’è un motivo migliore per un raduno, del recupero della nostra memoria nel rispetto dei nostri Caduti?

    LA FANTASIA. Per questioni pratiche, un raduno non può durare che un fine settimana; il bello sta nel riempirlo di avvenimenti diversi e variamente interessanti: oltre a momenti ufficiali come alzabandiera, deposizione di corone ai Caduti, S. Messa in cattedrale e sfilata conclusiva, il programma comprendeva una fanfara alpina (Valbormida) in un concerto itinerante per le vie della città, un concerto (coro Montenero) fra gli stucchi dorati del teatro settecentesco e la presentazione nella sala consigliare municipale del Libro del Sacrario, che raccoglie assieme alla storia del monumento l’elenco di tutti i suoi Caduti. Sì, perché la Sezione ha voluto suggellare la manifestazione con qualcosa di più duraturo, e cosa c’è di meglio d’un libro per aiutarci a ricordare?

    IL MESSAGGIO. Il già citato Sant’Agostino risolse il problema del tempo con un lampo di tagliente poesia, chiamando il futuro presente dell’attesa ed il passato presente della memoria . Ed appunto un libro con questo titolo, Il presente della memoria , appunto, non poteva essere solo una lista di nomi, per quanto doverosa; era necessaria una visione dal di dentro , un coinvolgimento emozionale di chi sfoglia le sue pagine: così Gianni Turino, curatore, autore, alpino, l’ha arricchito con una serie di racconti i cui personaggi nonni, parenti più o meno lontani compaiono nell’elenco dei Caduti. E e noi scorrendo queste storie aspre come il barbera, tenere come la carezza di una mamma, vivide come il ricordo dei nostri cari sentiamo nostri anche questi morti, parte della nostra storia familiare. Non è un bel modo di vivere il patriottismo?

    Fioei, dum’si da fa’ (ragazzi, diamoci da fare): era la parola d’ordine da quando si è cominciato a parlare seriamente del raduno, con l’imperativo di organizzarlo al meglio. Il presidente chiama, la sezione risponde: non solo i soliti attivisti, ma pian piano tutti i soci ma proprio tutti, compresi i più anziani ed i super impegnati si sono aggregati in un crescendo rossiniano che per molti giorni, prima del raduno, ha riempito in ogni angolo la città di penne nere indaffaratissime con: centinaia di tricolori di tutte le dimensioni da appendere dovunque c’era posto, striscioni di benvenuto da attaccare ad ogni muro, alberi da transennare per marcare gli spazi delle cerimonie, tribuna da montare (in mezza giornata!), manifesti da distribuire per tutte le vetrine dei negozi.

    E questa era comunque la parte visibile, perché un raduno significa anche discutere di viaria con i vigili urbani, concordare menu con i ristoratori, misurare parcheggi per contare quanti camper ci possono stare, brigare per ottenere il picchetto armato, e via organizzando. Non è mancato il lavoro neanche alle mogli, incaricate di confezionare migliaia di coccarde

    L’ACCOGLIENZA. Nello scherzoso epiteto bougia nen , attribuito ai piemontesi, si potrebbe leggere anche una certa tendenza a non scaldarsi più di tanto per manifestazioni ad alta carica emozionale: niente di più falso, nel nostro caso, tutta la città si è mossa nel senso che è scesa tutta in strada ad applaudire. Dopo molti articoli preparatori, tanto per inquadrare l’evento definito epocale il Monferrato , giornale locale, è uscito con un numero speciale a colori (titolo a nove colonne: Benvenuti, Alpini!) che ha venduto più dei quotidiani nazionali.

    E la gente si è ricordata dei tragici giorni dell’alluvione del 2000, quando alpini da tutt’Italia arrivarono a portare il loro insostituibile e prezioso soccorso agli oltre 7.000 sfollati, ed ha risposto con un affetto che ripaga più di mille medaglie. E tutti gli alpini non iscritti eh, sì, ce ne sono hanno tirato giù dalle soffitte i loro impolverati cappelli e se li sono orgogliosamente ficcati in testa per festeggiare assieme agli altri, e per due giorni hanno riscoperto lo spirito di corpo (che speriamo li induca anche ad iscriversi).

    Sarà stato il sole, che ha illuminato la sfilata di domenica con un tepore primaverile, o forse i colori autunnali, che vestono le colline nella loro stagione più bella, o magari le seduzioni della cucina monferrina (che vuol dire anche vini di qualità ), fatto sta che a sfilare erano in settemila, forse il doppio il totale complessivo degli ospiti del Raduno. Un successo senza precedenti, per la sezione ANA e per la città.