Le montagne a ben guardare si vedono, anche se in lontananza. Remanzacco, in provincia di Udine, è infatti località pianeggiante. Qui, sei anni fa, proveniente dalla storica sede di Tolmezzo, si è trasferito il 3º reggimento artiglieria terrestre (da montagna) della brigata Julia: assolto il compito di riportare l’esatta denominazione del reparto, possiamo serenamente continuare a chiamarlo col nome che gli spetta, ovvero “artiglieria da montagna”. Del resto qui il Dna alpino è incontestabile (e non solo per il cappello).
La storia di questo reparto glorioso (la cui Bandiera è l’unica dell’Esercito a fregiarsi di due Medaglie d’Oro al Valor Militare, per le campagne di Grecia e di Russia) a voler ben vedere affonderebbe le radici nella creazione della brigata di artiglieria da montagna autonoma del Veneto: nel 1902 venne costituita assieme al 1º reggimento di artiglieria, per prendere nel 1909 il nome di 2º reggimento e divenire 3º reggimento di artiglieria da montagna nel 1914 con sede a Bergamo. Per seguire tutte le vicende del reggimento servirebbero decine di pagine: per sintesi recente ricordiamo che nel 1975 la Bandiera di Guerra fu affidata al gruppo artiglieria Conegliano con sede a Gemona.
Passerà a Udine nel 1976, venendo colpito con perdita di uomini e strutture dal terremoto, ma riuscendo comunque ad intervenire in soccorso alla popolazione. Nel 1992 il “Conegliano” è inquadrato nel ricostituito 3º reggimento artiglieria terrestre da montagna a Tolmezzo e nel 2000 assume la (stonata) denominazione di artiglieria terrestre. Il motto sotto lo stemma araldico recita “Nobis incedentibus rupes ruunt”, ovvero “Al nostro avanzare le rocce si sgretolano”.
Il reggimento (dal 2015 cittadino onorario di Conegliano) oggi è ospitato dalla caserma Severino Lesa, come detto a Remanzacco. Al di là della posizione “pianeggiante” la caserma offre indubbi vantaggi: innanzitutto, costruita negli anni ’70, è abbastanza moderna e offre spazi davvero notevoli. Davanti alla palazzina del Comando, nelle aiuole, sono state installate (e altre lo saranno presto) “parti” della storia del reggimento, in gran parte provenienti da Tolmezzo, come il Monumento all’artigliere alpino del 3º, targhe che ricordano i decorati del reparto e pezzi storici di artiglieria.
Il col. Francesco Suma, da un anno alla guida del reggimento, ce ne illustra la struttura: «L’artiglieria da montagna – sottolinea – conserva la numerazione di batteria, non solo di gruppo. Così abbiamo tre batterie obici, 13ª, 14ª e 15ª a cui si aggiungono la batteria supporto logistico e quella acquisizione obiettivi». La dotazione di bocche da fuoco comprende gli obici FH70/39 da 155 mm, gli storici obici da 105/14 (“rivitalizzati” da alcuni anni viste alcune caratteristiche che li rendono efficaci in determinate situazioni) e i mortai rigati da 120 mm. Tutti i pezzi sono a traino meccanico: gli FH70 dai trattori Astra, i 105 e i mortai dai Vtlm Lince, dai VM90 e dai cingolati BV206 («tra l’altro – ricorda il col. Suma – abbiamo collaborato con le Società Goriziane nella sperimentazione delle slitte per obici e mortai agganciate ai Bv»).
Sui BV206, mezzi di incredibile mobilità su terreni difficili o innevati, sono ospitati anche assetti di comando e controllo, con la relativa parte di digitalizzazione. A questo scopo si stanno rivitalizzando anche gli M577 (ovvero gli M113 posto comando). «Il personale – sottolinea il comandante – è abilitato su tutti i pezzi. Oggi l’artiglieria sta recuperando il massimo della operatività e non c’è dubbio che la sfida più grande sia quella della ‘comandabilità’, un comando e controllo che deve tener conto sia dei progressi tecnologici sia dei vecchi insegnamenti. È molto importante questo aspetto, soprattutto per i più giovani, perché non basta, per usare un’immagine, ‘portarli sul cocuzzolo’».
Il focus qui è incentrato soprattutto sulla prima missione dell’Esercito e non manca neppure la qualificazione del personale nel mountain warfare, soprattutto tra gli osservatori, come pure per la squadra organica di soccorso in montagna. Durante la nostra visita buona parte degli artiglieri era impegnata in Piemonte nell’operazione “Strade Sicure”, mentre a novembre sono previste esercitazioni a fuoco nel poligono di Monte Romano (Viterbo). A trent’anni dalla scomparsa dei romantici e amati muli, dunque, gli artiglieri da montagna rimangono uno dei perni dell’efficacia delle Truppe Alpine, con uno spettro d’azione che dalle tradizionali cime si è ormai solidamente ampliato anche al fondo valle.
Massimo Cortesi