Le radici in Valle Camonica

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    Saviore dell’Adamello è uno dei comuni più vasti della Valle Camonica, a nord della provincia di Brescia e comprende la vetta dell’Adamello, ad oltre 3.500 metri, consegnata alle pagine della storia dalla Guerra Bianca nel Primo conflitto mondiale. Affascinante dal punto di vista naturalistico, ma non certo molto popolato: meno di mille anime, disseminate in tre frazioni (Saviore, Ponte e Valle), due volte e mezzo meno rispetto agli anni ’50 del secolo scorso.

    E la bufera di vento, acqua e grandine che vi ci si è abbattuta nella notte tra il 26 e 27 agosto ha chiarito subito perché: al di là dalla lontananza da molti dei servizi connaturati alla vita quotidiana, questo è un ambiente ostico, che ripaga col fascino naturalistico ma chiede abitanti dalla scorza dura. Non è quindi un caso se la 41ª edizione del Premio fedeltà alla montagna che l’Ana assegna alle penne nere che valorizzano e difendono ambiente e tradizioni della montagna, combattendone lo spopolamento, è approdata qui: il riconoscimento è andato a Gianni Morgani, 46 anni, artigliere da montagna di Valle di Saviore, già responsabile dei giovani e vicepresidente della Sezione Vallecamonica.

    A lui e alla sua bella famiglia, perché senza una famiglia solida e coesa è dura realizzarsi da queste parti: orgogliosi al suo fianco nel ricevere dalle mani del presidente nazionale Sebastiano Favero e da quelle del vincitore della edizione precedente, Silvio Pella di Macugnaga, c’erano al campo sportivo di Valle di Saviore, la moglie Moira e i figli Daniele e Mirko. La premiazione è “andata in scena” solo grazie all’efficienza delle penne nere dei Gruppi di Saviore e del confinante Comune di Cevo, intervenuti per liberare le strade d’accesso da rami, fogliame, sassi e persino da un gigantesco castagno, spostato con una ruspa, abbattuti dalla tempesta del sabato notte.

    Ma alla fine tutto è andato bene, nonostante la pioggerella della domenica mattina e la temperatura passata da 30 a 15 gradi in dodici ore. La Sezione Vallecamonica (che si era sobbarcata da poche settimane anche l’organizzazione del pellegrinaggio in Adamello) ha messo in campo per tre giorni un programma davvero intenso, che ha riservato soddisfazioni (e non poche emozioni) sia agli abitanti sia alle penne nere, in un ambiente che più alpino non si può: «Qui la domanda da fare – ha detto la giovane sindaca Serena Morgani, figlia di alpino – non è se nella tua famiglia ci sia un alpino, ma chi non lo sia».

    E lo ha detto durante il consiglio comunale all’aperto, davanti alla sede del Municipio, in cui è stata concessa all’Ana la cittadinanza onoraria di Saviore dell’Adamello: riconoscimento accolto con entusiasmo dal presidente Favero accompagnato dal comandante delle Truppe Alpine, gen. C.A. Ignazio Gamba e dalla Movm Andrea Adorno (che ha condiviso con i camuni l’intero weekend). E persino il parroco, don Angelo Marchetti, appassionato alpinista, contagiato dall’euforia ha finito per votare la delibera. Il sabato è stato dedicato alla visita alle attività gestite da Gianni Morgani e dalla sua famiglia: dapprima la salita fino ai 2.400 metri di malga Bos, alpeggio incontaminato in cui l’artigliere camuno ha scelto di allevare una piccola mandria di yak (pelosi bovini tibetani) e vacche scozzesi Highlander. «Sono fantastici decespugliatori naturali che vivono allo stato brado – racconta Gianni – mangiano tutte le erbe infestanti, compresi i rovi, tenendo perfettamente puliti i pascoli ».

    Quindi una delegazione del Consiglio direttivo nazionale è “saltata” (in elicottero, per rimanere nei tempi) alla diga del lago Salarno dove il vulcanico premiato ha acquistato dall’Enel un edificio che sta trasformando, col suo lavoro di muratore carpentiere (che ha svolto per una decina di anni da giovanissimo), in rifugio alpino: collocato a 2.050 metri, in una posizione spettacolare, diventerà un punto d’appoggio per gli escursionisti nel Parco dell’Adamello e il sedicenne figliolo di Gianni e Moira ha già detto Meravigliosa dimostrazione di continuità storico famigliare: perché quel luogo è stato per decenni anche teatro del lavoro del papà di Gianni, Daniele, ovviamente alpino, che qui, lo racconta con occhi lucidi, ha trascorso «in meravigliosa libertà» gli anni della fanciullezza. Quindi tutti a gustare le prelibatezze del territorio proposte all’agriturismo Il Ginepro, altra iniziativa dei Morgani, in cui Moira è la regina, affiancata dal figliolo ventenne, chef entusiasta. E, tanto per tenere sempre più viva la vita di Valle di Saviore, da poco il nostro irrefrenabile ha pure aperto il “Campo base mountain bar” (l’unico del paese) affidandolo al figlio stesso. E domenica la cerimonia di consegna del trofeo, significativa scultura di radici che affondano nella terra: c’erano tutti davanti al Labaro, a cominciare dai vertici nazionali.

    Per le Truppe Alpine oltre alla Movm Andrea Adorno, i generali Cavicchioli, comandante del Centro Addestramento Alpino di Aosta, e Fontana, comandante della Taurinense. C’erano il presidente nazionale di Coldiretti, Ettore Prandini, con quella bresciana Laura Facchetti, il presidente della Provincia di Brescia, Emanuele Moraschini, il presidente della Comunità montana Sandro Bonomelli, la sindaca di Saviore, Serena Morgani. E centinaia di alpini, a cominciare dall’emozionato capogruppo di Valle di Saviore, Dario Nolaschi.

    Su tutti le splendide riflessioni nell’omelia di don Angelo che alla domanda «chi è l’alpino? » ha risposto parlando di umanità, condivisione, lavoro, sacrificio e, soprattutto, amore. Una grande festa alpina per Gianni Morgani e per la Valle Camonica: «Abbiamo portato a casa in poco più di un anno il Premio per la stampa alpina, il Pellegrinaggio in Adamello e il Premio fedeltà alla montagna – ha commentato il presidente sezionale Ciro Ballardini – quasi non ci credo. Ce l’abbiamo fatta e mi piace pensare che siano stati riconoscimenti al grande lavoro che gli alpini camuni hanno profuso senza risparmiarsi».

    Massimo Cortesi