Le meraviglie della Marca Trevigiana

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    Vi sono luoghi che destano stupore e meraviglia, per il dolce paesaggio, per i gioielli d’arte, per le prelibatezze della cucina. Visitarli tocca il cuore. La Marca Trevigiana, conosciuta in passato come “Gioiosa et Amorosa” è uno di questi luoghi. 

     

    IL PAESAGGIO TRA NATURA E CULTURA

    Sulle dolci colline di Conegliano e Valdobbiadene ma anche sui colli asolani, si produce il vino più famoso al mondo, il Prosecco. Il territorio merita la sua parte di fama, tanto da candidarsi all’Unesco quale “patrimonio dell’umanità”. Visto dall’alto il paesaggio è un susseguirsi di delicati rilievi, punteggiato di viti e di case coloniche, dove emergono meravigliose ville venete per la cui tutela si batté lo studioso trevigiano Giuseppe Mazzotti a cui è dedicato un premio nazionale. Sono edifici straordinari, come Villa Barbaro di Maser e Villa Emo di Fanzolo di Vedelago progettate da Andrea Palladio (la prima affrescata da Paolo Veronese) o Villa Benzi Zecchini a Caerano San Marco, o ancora Villa Tiepolo Passi a Carbonera (raccontate nel sito della Regione www.irvv.net). Poi ci sono i maestosi castelli come il Brandolini di Cison di Valmarino progettato da Jacopo Sansovino su resti medievali, il Castrum di Serravalle (Vittorio Veneto), il Castello di Conegliano e quello vicino di Susegana. Segno ancora tangibile della potenza delle famiglie nobiliari, spesso di origine longobarda. La Marca trevigiana finì come il resto del Veneto sotto il dominio della Repubblica di Venezia, che utilizzò i suoi boschi per arricchire la flotta. Bosco della Serenissima viene infatti soprannominato il Cansiglio: luogo magico, intriso di storie e leggende, popolato da esseri fantastici come fate e streghe, folletti e fascinose anguane. Anche il Montello, conosciuto per il ruolo rivestito durante la Grande Guerra ma anche per aver ospitato monsignor Della Casa che qui scrisse il “Galateo”, conserva tracce veneziane nella divisione dello spazio in “prese” che lo percorrono da un capo all’altro, arrivando fino al fiume sacro alla Patria, il Piave.

    NON SOLO MUSEI

    A volte si pensa che il museo sia un edificio grigio in cui riposano oggetti noiosi. Non è così: i moderni allestimenti stimolano la fantasia, come nel Museo di Storia naturale di Montebelluna, pensato a misura di bambino con tanti esperimenti curiosi. Anche il vicino museo di Crocetta, ai piedi del Montello, ha la sua star: un mammut ritrovato nella zona abitata fin dal neolitico. Certo, il Comune capoluogo recita la parte del leone con strutture differenziate, come Santa Caterina museo dedicato all’arte antica e rinascimentale, il Bailo che ospita arte moderna e contemporanea con gioielli dello scultore Arturo Martini e del pittore Gino Rossi, la chiesa di San Gregorio chiamata ad accogliere l’elegante collezione di manifesti Salce dal sapore Liberty. Merita una visita anche il Museo diocesano d’arte sacra, collocato tra il mosaico paleocristiano e gli stretti vicoletti che conducono alla piazzetta del Battistero. Uscendo da Treviso si può giungere alle case museo dei pittori Cima a Conegliano, di Giorgione a Castelfranco, di Canova a Possagno. I musei civici della Marca (come l’Archeologico di Oderzo) offrono sorprese poiché vi si trovano rarità, ma vi sono pure strutture curiose, monotematiche, che possono valere la visita, come il Museo del baco da seta di San Giacomo di Veglia (Vittorio Veneto) che custodisce la storia di una produzione diffusissima nel territorio, non solo trevigiano, fino al secolo scorso. Portobuffolè, una graziosa cittadina medievale, ospita il Museo del ciclismo mentre Cornuda propone una ricca Tipoteca nell’antico canapificio ottocentesco con caratteri tipografici, macchine, documenti e la Villa palladiana di Maser possiede una ricca collezione di carrozze. Per gli appassionati di storia da non perdere il ristrutturato Museo della Battaglia e l’elegante Palazzo De Carlo a Vittorio Veneto e il Museo degli alpini di Conegliano.

    SAPERI E SAPORI

    La cucina trevigiana non è famosa solo per il vino Prosecco. C’è un altro prodotto che spopola nelle tavole familiari e sugli schermi tv: il radicchio rosso. In realtà di radicchi ce ne sono molti, dalle forme e colori particolari, tutti della stessa specie, il Cichorium Intybus Silvestre. Tra loro il re senza dubbio è il Radicchio Rosso di Treviso Igp. La coltivazione è individuata nell’area lambita dal Sile, che grazie all’acqua di risorgiva permette l’imbiancamento dei cespi durante l’inverno. Un altro famoso radicchio è quello Variegato di Castelfranco Igp. Lungo le sponde del Piave, sulle sabbie defluite nel corso dei millenni, sono andate espandendosi le coltivazioni dell’asparago, soprattutto quello bianco. È una prelibatezza primaverile che impegna numerose famiglie di agricoltori nelle campagne di Ormelle, San Polo, Maserada, Cimadolmo. L’asparago viene prodotto anche a Badoere che merita una vista per la spettacolare rotonda porticata. Tra i piatti tipici ricordiamo gli “asparagi con le uova” ma anche le “vellutate”; il tutto accompagnato da un buon bicchiere di vino: i pregiati Doc e Docg, tra cui il famosissimo Prosecco, i corposi vini rossi del Piave come il Raboso e quelli dei Colli Asolani e del Montello. Tra i prodotti abbinabili i formaggi, dalla cremosa Casatella Dop al Formajo Imbriago ai formaggi del Grappa (Morlacco e Bastardo), gli insaccati come la soppressa trevigiana, le ciliegie dei colli asolani, i marroni del Combai, i funghi e le patate del Montello, i peperoni di Zero Branco. L’abbondanza di acque favorisce la presenza di anatre e oche, mentre in città era usanza cacciare i giovani piccioni. Proprio il piccione è alla base di uno dei piatti più conosciuti: la sopa coada, un pasticcio in cui strati di carne disossata si alternano a pane raffermo. Uccelli, conigli e selvaggina vengono accompagnati dalla salsa peverada, a base delle frattaglie tritate dell’animale condite con abbondante pepe. Il maiale costituì la “carne di base” per il mondo rurale, così come le trippe di bovino, di cui esiste una variante “alla trevigiana” cotta a lungo in brodo di manzo. Una provincia ricca d’acqua non può trascurare il pesce a partire dalla trota anche se la regina della tavola era l’anguilla (bisàta): può essere cucinata in técia (“in pentola”, cioè in umido) o all’ara (griglia). E finiamo in dolcezza con il Tiramisù: gustoso e delicato, è costruito su strati di mascarpone e biscotti savoiardi imbevuti di caffè, con una spolveratina finale di cacao. L’origine è contesa tra Veneto, Friuli e Toscana ma pare che sia stato ideato nel ristorante trevigiano “alle Beccherie” sul finire degli anni Sessanta, come scrisse l’enogastronomo Giuseppe Maffioli. Il nome del dolce in veneto, tiramesù, sarebbe stato adottato per le sue capacità nutrizionali, anche se alcuni affermano maliziosamente che il nome sia dovuto a presunti effetti afrodisiaci.

    Laura Simeoni
    ufficiostampa@treviso2017.it