La violenza e le regole

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    Smarriti e confusi, abbiamo assistito agli episodi di cronaca violenta che hanno caratterizzato le prime settimane di novembre e stentato a credere che le immagini degli incendi e dei vigili del fuoco che in controluce sembravano ombre, fossero riprese proprio in casa nostra, destinate in pochi minuti a fare il giro del mondo per coprirci di imbarazzo, se non di vergogna. Smarriti e confusi ancor più quando sentiamo dire da un pulpito, vocato alla pace dello spirito, che questa esplosione di violenza è la conseguenza della giusta rabbia di migliaia di giovani ultrà (misconoscendo il vero significato lessicale e simbolico di questo termine).

    Il nostro presente di relativismo morale sembra aver eliminato il diaframma che divide il giusto dall’ingiusto, la ragione dalla follia e la trasgressione spalanca le porte alla violenza. Esportiamo modelli negativi perfino nei fatti di cronaca nera quotidiana, sempre più spietati e l’insicurezza, morale ma anche fisica, condiziona il nostro stesso modello di vita. Avete notato quante case di paese, o di periferia delle città, hanno le inferriate alle finestre del pianoterra?

    Ci sentiamo minacciati perfino fra le pareti domestiche. Cosa succede, cosa ci sta succedendo?Scontiamo l’indebolimento, se non addirittura l’assenza delle istituzioni in tanta parte del Paese, la mancanza del senso dello Stato da parte di troppi politici occupati più a proteggere le proprie posizioni che del bene dei cittadini; scontiamo una scuola mancata, un’educazione che prima ancora dovrebbe incominciare dalla famiglia, che oggi sembra aver perso i contenuti fondamentali.

    Sarebbe un errore rimpiangere il passato, il come eravamo: oggi ci confrontiamo con una realtà in cammino, assistiamo all’apertura dei confini fra genti diverse, alla confluenza delle Patrie ricordando la previsione di Benedetto Croce in una Patria più grande; ma è proprio lo stesso confronto con i tanti nostri compagni di viaggio, spagnoli e lituani, inglesi e greci e polacchi e danesi, che ci rende più esposti alla perdita della nostra identità. E paradossalmente anche più lontani da noi stessi.

    Certo, la classe politica non facilita l’orgoglio dell’appartenenza e meno ancora il rispetto delle regole, soprattutto da vent’anni a questa parte, vent’anni che guarda caso è l’età media di chi va in piazza e distrugge tutto. Sono proprio questi i giovani che preoccupano di più: quelli che sfilano per le strade, quelli della curva nord. Vorremmo un ritorno alle regole, non quelle imposte con la forza, ma dalla ragione. Il nostro futuro non può, non deve, essere condizionato dalla violenza. (g.g.b.)