La Scuola Militare Alpina: leggenda ma anche meravigliosa realtà

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    Trent'anni fa l'Everest, oggi una sezione sci alpinistica all'avanguardia sui tetti del mondo.

    di Umberto Pelazza

    Non basta mettersi la penna sul cappello per saper andare in montagna: se non si provvederà in tempo a trasformare gli alpini in alpinisti e sciatori, andremo incontro a brutte sorprese’: così scriveva nel 1924, dopo le dure esperienze dell'Adamello e delle Tofane, un torinese del CAI, Umberto Balestreri, ufficiale alpino di complemento. Dieci anni dopo nasceva ad Aosta la Scuola Militare di Alpinismo. Compiti: perfezionare la tecnica alpinistica e sciistica di Quadri destinati a diventare istruttori presso i Corpi, costituire un centro di studi sulla montagna, creare reparti specializzati per imprese di eccezionali difficoltà.

    Battezzata sulla vetta del Monte Bianco, la Scuola irrobustisce le sue strutture nel periodo anteguerra e collauda i suoi istruttori sulle Alpi occidentali: a ostilità concluse, estende il suo raggio d'azione su tutto l'arco alpino, mentre sta lentamente germogliando un progetto ambizioso proiettato oltre frontiera: la conquista di una prestigiosa vetta extraeuropea. Quando ancora l'avventura himalayana era considerata un viaggio ai confini della leggenda, due cordate della spedizione Monzino piantano il Tricolore sulla vetta dell'Everest: era il maggio del 1973. L'impresa permise di raccogliere preziose informazioni e di sperimentare uomini e mezzi in situazioni trascendenti gli schemi tradizionali. Dieci anni dopo si approda ai ghiacciai dell'Antartide: nella base logistica italiana dell'ENEA (Ente nazionale per l'energia alternativa), gli specialisti della Scuola svolgono funzioni di guide, dopo aver preventivamente addestrato gli scienziati in ambiente alpino.

    Non fan molta notizia le campagne antartiche, perchè si sono sempre concluse nella più assoluta regolarità. La sezione sci alpinistica, fin dalle origini dell'Istituto, è l'organo tecnico preposto ai corsi di sci e di alpinismo, al soccorso alpino e allo studio della neve e delle valanghe: opera a favore di tutte le truppe alpine, dei reparti speciali dell'Esercito, della Marina, dell'Aeronautica, dell'Arma dei Carabinieri e di vari eserciti stranieri. Punto di o­nore dei suoi componenti, quello di perfezionare le capacità tecniche personali ed arricchire le esperienze professionali, non soltanto durante le attività programmate, ma facendone, a libera scelta, oggetto di serio impegno individuale anche durante il tempo libero.

    A subire il primo assalto è nel 1991 l'ecuadoregno Cotopaxi (metri 5.900), trampolino di lancio per un giovane sottufficiale destinato a far molta strada… in salita, Alessandro Busca, che lo conquista in coppia col tenente Remo Armano. Risponde dagli antipodi il sergente maggiore Guido De Dea, che in Tibet scala il Cho Oyu, con i suoi 8.201 metri, sesto nella scala dei 14 ottomila. Armano ritorna in Sudamerica col sergente Mochet e arricchisce il suo carnet con due seimila: Illimani e Huayna Potosì. Il 1993 è l'anno della prima spedizione multinazionale extraeuropea, che vede la Scuola Alpina affiancarsi all'élite militare di Francia, Gran Bretagna, India e U.S.A. per la conquista dell'indiano Peak Neelkant, imponente piramide di ghiaccio e roccia che da 6.596 metri di quota domina l'alta valle del sacro Gange. In prossimità della cima i nostri sottufficiali Vori, Boi e D'Incà, lasciano cavallerescamente il passo agli indiani, padroni di casa.

    Meta della seconda spedizione il pakistano Broad Peak, ascensione avversata dal maltempo: dell'équipe italiana solo il maresciallo Busca riesce a metter piede sugli 8.047 metri della vetta. Saranno ancora le condizioni climatiche proibitive a imporre l'alt alla terza e ultima multinazionale himalayana, diretta al Gasherbrum 2. Ma non s'interrompono le spedizioni miste e nel 1997 le celebrazioni in o­nore di Amedeo di Savoia, duca degli Abruzzi sono un richiamo ineludibile per i figli di quella Scuola Alpina, che all'atto della sua fondazione era stata intitolata al grande alpinista ed esploratore. Due sottufficiali, Lorenzo Boi e Paolo Bruzzi, partecipano in Alaska alla spedizione sul monte S. Elia (m. 5.488), conquistato dal duca esattamente cent'anni prima.

    Dalle Montagne Rocciose alle Ande. Ad aprire la strada dell'Aconcagua, tetto del continente con i suoi 6959 metri, é un'impresa ‘fuori servizio’ del sergente maggiore De Dea, pochi mesi prima di perdere la vita in un incidente di volo in deltaplano. Dopo una difficile ascensione di alto impegno tecnico, viene commemorato sulla vetta dal capitano Armano e dal maresciallo Amort. Il ventesimo secolo è agli sgoccioli. Preceduta da una salita di acclimatamento al nepalese Mera Peak, prende il via nel 1999 la prima spedizione organizzata dal Centro Addestramento Alpino, erede della Scuola Alpina, alla quale viene dedicata la nuova via aperta sul Tang Nang (5.800 m.) dai sei vincitori: maggiore Giannuzzi, marescialli Pedrolini, Taufer, Amort, Galeazzi e caporal maggiore Reichegger. All'inizio del nuovo millennio desta particolare risonanza l'ascensione al nepalese Dhaulagiri (8.172 m.) della spedizione delle guide valdostane diretta da Abele Blanc, già alpino dell’Aosta: ne fa parte il maresciallo Busca, ormai stabilmente inserito nel novero degli alpinisti d'élite: guida alpina, maestro di sci, istruttore militare e civile di sci alpino e di sci alpinismo.

    Nel maggio 2004, a trent'anni dalla prima ascensione militare, raggiunge senza ossigeno (exploit di pochi alpinisti al mondo) la vetta dell'Everest lungo il difficile versante nord, battuto costantemente da venti violentissimi: sulla cima compie esperimenti scientifici con uno speciale geo radar, per stabilire lo spessore della neve e l'esatta quota della vetta. È costretto invece a rinunciare al K2 quando già aveva toccato quota 8.000, insieme col capitano Massimo Farina, guida alpina e istruttore militare di alpinismo, che vanta esperienze di tutto rilievo: varie prime nei gruppi del Bianco, del Rosa e del Gran Paradiso, due prime invernali sulla sud del Cervino e del Mont Blanc de Tacul, oltre a numerose vie su cascate di ghiaccio. Oggi è considerato uno dei più forti esponenti del moderno alpinismo su misto roccia e ghiaccio.

    Nel 2003 la sezione sci alpinistica del Centro propone, col progetto ‘Oltre le nuvole Verso nuovi orizzonti’, un programma quadriennale di spedizioni extraeuropee, per iniziare un ciclo di attività alpinistiche d'impegno e rilevanza crescenti, anche mediante la creazione di uno speciale ‘Gruppo di alta montagna’ composto dagli istruttori più motivati e preparati, come già avviene presso altre scuole militari europee, aperto ad obiettivi più ambiziosi e remunerativi, in grado di affrontare altissime quote in condizioni climatiche estreme, inevitabili condizionamenti fisiologici, difficoltà tecniche su terreno misto, isolamento e difficoltà di collegamenti.

    Ecco quindi per il 2005 il primo banco di prova sul tetto del Nordamerica, un McKinley (6.195 m.) dalle condizioni meteorologiche ostinatamente avverse, con trasporti su ghiaccio mediante slitte trainate dagli stessi alpinisti; ecco nella Patagonia argentina la cima del Fitz Roy, proiettata verso l'alto come una freccia, circondata da un ambiente selvaggio di rara bellezza; ecco per il 2007 un Cho Oyu ‘senza ossigeno’, da attaccare in ‘stile himalayano leggero’ lungo il tremendo versante nordovest, con campi attrezzati in quota, senza l'intervento di sherpa e portatori. Esperienze qualificanti da considerare non come episodi fine a se stessi, ma come strumento di promozione dell'attività delle Truppe alpine, con conseguente ricaduta sull'attività addestrativa a favore delle Forze Armate italiane.