La quota associativa

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    Scrivo a L’Alpino perché non voglio scomodare il Consiglio Direttivo Nazionale, anche perché penso che questa lettera andrà nel dimenticatoio in quanto scomoda. La quota che ciascun alpino versa ogni anno pensavo che venisse equamente divisa ( 7+7+7=21 euro). Che al gruppo restassero le briciole, mi è nuovo. Anche se so di non essere il povero untorello che smonta Milano , mi auguro che si metta mano, con giustizia, a questa sgradevole e discriminante tradizione in seno alla famiglia degli Alpini.

    Giusti Gervasio Bronzolo (BZ)

    Tocchi una corda sensibile dell’universo alpino: la quota associativa. Nella mia ormai lunga vita associativa in seno all’A.N.A. ho assistito a discussioni infinite per cifre (parlo di un euro e anche meno) che di sicuro non cambiano la vita di nessuno. Il problema c’è e non si vuole sottovalutarlo nel rispetto di tutte le opinioni e di tutte le tasche. Dove non mi trovo d’accordo con te è sulla necessità di smontare Milano. La quota destinata alla sede nazionale, comprensiva della gestione degli uffici, delle iniziative che vanno dalla Protezione civile all’Ospedale da campo, a quelle umanitarie degli undici numeri de L’Alpino è stabilita dall’Assemblea dei delegati, ogni anno, in seduta plenaria, a maggio. Dal 2007 è di euro 8,50. L’importo che versi, detratta la quota da trasferire alla sede nazionale, viene suddiviso secondo quanto deciso dal consiglio della tua sezione. Dov’è il problema?