Quando lo scorso mese di novembre decisi di mettere in copertina il Presidente del Consiglio, con la stupenda lettera che ci aveva inoltrato, ebbi la coscienza che si trattava, giornalisticamente parlando, di una delle fortune più significative che mi fossero capitate in trentacinque anni di professione come direttore di testate. Mentre il prestigioso Economist ha promosso l’Italia come Paese dell’anno, mentre il mondo ci elogia per come la politica italiana sta gestendo la pandemia, il pensiero del Presidente Draghi che si esprimeva a favore degli alpini costituiva un attestato di una tale autorevolezza, come può capitare soltanto una volta nella vita. Per quello che diceva e per chi lo diceva.
Non capirlo è scendere sotto la soglia dell’intelligenza, per arenarsi nelle sabbie mobili degli umori scomposti. A fronte di strane reazioni da parte di qualche alpino, il fatto ci offre l’opportunità per una riflessione pacata sul rapporto degli alpini con la politica. Per dire che gli alpini non sono nemici della politica. Sono al di sopra dei partiti e questo spiega perché da queste pagine tante volte abbiamo denunciato la cattiva abitudine di mettere il nostro cappello sulla testa dei candidati in cerca di visibilità. Ma ciò precisato, guai a cadere nel qualunquismo di chi demonizza la politica quasi che noi fossimo i puri, gli angeli incontaminati dentro il marciume dei politicanti.
La politica ha certamente le sue fragilità, che non sono altro che il marcio rintracciabile ovunque ci siano esseri umani. Nella politica come nella Chiesa, tra gli alpini come tra i giornalisti, nel commercio piuttosto che nell’apparato giudiziario… Senza dimenticare tutti gli alpini che, sospesi i ruoli attivi nei Gruppi e nelle Sezioni, hanno dedicato anni della loro vita per il bene dei loro paesi o del Paese, distinguendosi per l’altissimo contributo che hanno saputo portare nel loro ruolo e nel modo in cui l’hanno svolto. Ciò detto, cosa sarebbe il mondo senza la politica?
Papa Francesco scrive in una sua enciclica: “Se qualcuno aiuta un anziano ad attraversare il fiume – e questa è squisita carità – il politico gli costruisce il ponte. E anche questa è carità. Se qualcuno aiuta un altro dandogli da mangiare, il politico crea per lui un posto di lavoro ed esercita così una forma altissima di carità”. La società ha bisogno come il pane dell’amore politico. L’espressione potrà sembrare paradossale, abituati a credere che tutto in politica sia sotterfugio e interesse privato. Gli alpini sanno invece che collaborare senza compromettersi è la sola condizione perché la politica, contaminata dai nostri valori, tragga ispirazione per i progetti a vantaggio della società intera.
Del resto sappiamo bene che in questo momento storico noi le stiamo chiedendo di prendersi a cuore l’impegno a favore di un servizio obbligatorio per tutti i giovani. E non lo facciamo per paura di sparire dall’orizzonte. Lo facciamo perché vorremmo che gli ideali nei quali crediamo e per i quali ci spendiamo travasassero nelle nuove generazioni, evitando di andare perduti. Anche su questa frontiera il nostro dialogo con la politica deve mantenersi autonomo, ma rispettoso e costante.
Noi non facciamo politica, ma crediamo nella politica, conoscendone l’importanza e sapendo che di essa abbiamo bisogno. E siamo anche pronti a distinguere al suo interno il grano buono dalla zizzania, evitando il qualunquismo razzista che generalizza tutto, per cui i politici sono tutti ladri, i preti tutti pedofili, i giovani tutti bastardi, i meridionali scansafatiche e gli alpini col fiasco in mano e il gomito alzato. Un popolo è tale se cammina insieme. Creare sacche in cui ripiegare per sentirsi migliori, è cultura da clan che non ci appartiene come alpini.
Bruno Fasani