La nostra Messa

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    Voglia di ripartire, aria natalizia e gioia di trovarsi ancora insieme sono i fattori che il 12 dicembre hanno caratterizzato la Messa per ricordare tutti i Caduti nel Duomo di Milano che si svolge con continuità dal 1959. L’impegno della Sezione di Milano non è stato facile, ma tutti gli alpini si sono contraddistinti nel rispetto delle regole e tutto è stato fatto secondo le normative per l’emergenza: per questa ragione è stata autorizzata la sfilata. Se lo scorso anno, in piena pandemia, la nostra Sezione ha fortemente voluto mantenere il tradizionale appuntamento, quest’anno ci siamo ritrovati sotto la Madonnina come momento significativo della ripartenza.

    Già dall’alba la piazza Duomo brulicava di cappelli e di alpini; tra un saluto velato dalla mascherina e un sorriso espresso con gli occhi, lo schieramento ha preso forma per l’alzabandiera. L’emozione nel guardare il Tricolore che sale e nel cantare il nostro Inno è sempre forte e si fatica a descriverla in poche parole. Entrando in Duomo si respirava un clima più riflessivo che ci preparava al rito religioso: significative le parole del vescovo ausiliare mons. Giuseppe Vegezzi che prima di chiudere ha ricordato Beppe Parazzini citando l’omelia funebre del suo parroco: Beppe ci ha lasciato da pochi mesi ma lo abbiamo sentito ancora tra noi.

    La Preghiera dell’Alpino, letta dal Presidente sezionale Valerio Fusar Imperatore, è stato un altro momento di forte emozione accompagnato dal coro Ana di Milano “Mario Bazzi” che lo ha reso ancor più intenso, provocando in tutti un brivido lungo la schiena e credo anche nell’anima. Il sole di piazza Duomo ci ha poi accolto per i discorsi e, dopo i rappresentanti del Comune, di Regione Lombardia e della Città Metropolitana, hanno portato il loro saluto il gen. C.A. Ignazio Gamba – nuovo Comandante delle Truppe Alpine – e il Presidente dell’Ana Sebastiano Favero, con l’intervento finale del nostro Presidente che ha ricordato alcuni alpini per ricordarli tutti: da Peppino Prisco a Dante Belotti e poi Beppe Parazzini, Cesare Lavizzari e Alfonsino Ercole.

    Dopo l’ammainabandiera ci siamo riordinati per lo sfilamento e, seppur contingentati, abbiamo provato ancora le stesse emozioni passando per il centro di Milano sulle note dell’amato Trentatrè con le fanfare della Julia, la fanfara sezionale “del Centenario” e la “Piercarlo Cattaneo” di Magenta. E ora, ora è complicato descrivere quanto ognuno di noi ha provato: il picchetto in armi, le fanfare, il rullo dei tamburi, i gonfaloni delle istituzioni, il Labaro, i vessilli e i gagliardetti rivolti verso il cielo in segno di speranza, l’abbraccio della città di Milano già vestita a festa che guardava incuriosita il tripudio di penne nere.

    È stato difficile tenere a bada il cuore e le emozioni e ora, passo dopo passo, ripensando alle parole sentite poco prima, ci venivano in mente uno per uno tutti gli alpini “andati avanti”, tutti quelli per cui stavamo sfilando, ci sembrava tutto così emozionante, ci sembrava di vivere un attimo di normalità, tanto che avremmo voluto che la sfilata non finisse mai. Ma in un batter d’occhio ci siamo ritrovati al sacrario per deporre la corona e rendere omaggio a tutti i Caduti. Al termine della manifestazione ci siamo salutati, certi di aver compiuto ancora una volta il nostro dovere e di sentirci di nuovo pronti ad essere in prima linea ovunque ci sia bisogno del nostro aiuto.

    Daniela Barindelli