La Ninna nanna

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    “Sono nato alle soglie dell’inverno, in montagna, e la neve ha accompagnato la mia vita”. Mario Rigoni Stern, il sergente nella neve, sergente maggiore degli alpini, avrebbe compiuto cento anni il primo giorno dello scorso novembre. E si legge nei suoi venti e più libri, precisando altri particolari nelle frequenti conferenze, dove incontrava perfino i compagni della tragica ritirata: “In quel settembre del millenovecentoquarantatré avremmo potuto fermare l’invasione tedesca sui Passi delle Alpi, ma qualcuno aveva deciso diversamente: pareva che tutto fosse preparato da tempo”. Ma è venuto per noi amici l’incanto del ricordo nel cantare sommesso.

    Sei note discendenti. Prima la triade minore: dominante, mediante, tonica; subito la triade maggiore: secondo grado, sensibile, dominante. Il sergente maggiore non sapeva di musica, ma da quei giorni di Gomel ha tenuto con sé, nella mente e nel cuore, la tenerissima ninnananna. L’ha conservata nell’umiliazione e nel dolore del carrobestiame che lo portava nel campo di concentramento, e sempre nei pressi dei campi di sterminio. “Sentivamo l’odore e vedevamo il fumo dei forni crematori”. Mario, montanaro di Asiago, uno dei nostri settecentomila soldati diventati prigionieri e subito deportati in Germania, in Austria, in Polonia a morire di fame e di lavori tremendi.

    “Il bambino dormiva nella culla di legno, che dondolava sospesa al soffitto; il sole entrava dalla finestra e rendeva la canapa come oro; la ruota del mulinello mandava mille bagliori; il suo rumore sembrava quello di una cascata; e la voce della ragazza era piana e dolce in mezzo a quel rumore”. Sono le immagini che concludono “Il sergente nella neve”, il primo libro del grande narratore tradotto ovunque, e tanto ammirato, tanto amato.

    A Gomel, nell’attesa del treno per l’Italia, i sopravvissuti italiani erano stati sistemati nelle famiglie che, dopo averne subito l’invasione, dovevano ospitarli al termine della tragica ritirata. Tornato a piedi dal Lager alla fine di maggio del 1945, Rigoni ha “messo su famiglia”. Ai tre figli nella culla ha cantato la Ninnananna ascoltata per giorni “nella cuccia di paglia” di Gomel. “Na-na-na / na-na-na…”.

    Bepi De Marzi