Cento anni del Milite Ignoto

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    Fu il 4 novembre 1918 in Italia e l’11 novembre 1918 nel resto d’Europa a decretare la fine della Prima guerra mondiale: un’ecatombe, una mattanza che non risparmiò quasi nessuno. Da questo lutto fiorì una volontà collettiva che decise di onorare il simbolo di questa terribile esperienza: il soldato. Ma si volle che il soldato fosse ignoto. Per designarlo fu deciso di raccogliere undici salme non identificabili; venne nominata una Commissione che avrebbe provveduto a far giungere i feretri ad Aquileia per compiere nella millenaria basilica la scelta del Milite Ignoto da deporre nell’Altare della Patria a Roma.

    Le salme partirono da Udine il 4 ottobre 1921 su un convoglio e arrivarono ad Aquileia, il 27 ottobre. Fu un pellegrinaggio in diverse città, con atti di devozione particolarmente condivisi dalla popolazione; a Gorizia vennero aggiunte altre quattro salme raccolte sul fronte delle Alpi Giulie dove erano avvenuti i fatti più tragici del conflitto terminati con l’11ª battaglia dell’Isonzo, quella di Caporetto. E questi fatti Gorizia li aveva vissuti in presa diretta. La città è adagiata in una conca dove confluiscono due valli che poi seguendo il corso dell’Isonzo portano dalla pianura al mare. È circondata da alture che non sempre raggiungono la dignità di montagne anche se vengono chiamati monti: Podgora, Sabotino, S. Gabriele, Monte Santo e altri come il S. Michele, posti sull’altipiano del Carso.

    Gorizia fu ripetutamente bombardata dall’esercito italiano fino alla sua presa dell’8 agosto 1916; da quel momento le parti si invertirono: il fronte si era spostato più avanti di poche migliaia di metri. Dopo Caporetto, nell’ottobre del 1917, tornerà a vedere soldati austriaci e tedeschi nelle proprie strade. Nel 1921 gli abitanti di Gorizia erano ridotti a poche migliaia, rientrati dalla profuganza iniziata nel 1914 in vari paesi dell’Impero, erano impegnati nella ricostruzione con tanta voglia di rinascere (a Lucinico, ai piedi del Podgora, la gente viveva ancora in baracche, ma non erano i soli).

    Erano anche arrivati in città gli alpini che con il neocostituito 9° reggimento, aveva il comando in Piazza della Vittoria, con i reparti distribuiti nella Valle dell’Isonzo. Ora, quella Gorizia che era stata chiamata “la Nizza austriaca” per la mitezza del clima, la bellezza dei suoi giardini, il verde dei suoi dintorni e il color smeraldo del suo fiume, o ancora “la perla della mia corona” dall’imperatore Francesco Giuseppe, lei che era diventata “la Santa” per i poeti e la “Maledetta” nelle cante dei soldati, con le ferite del conflitto ancora aperte e la sua cerchia di monti ridotta a una pietraia, si preparava ad accogliere e custodire per otto giorni le salme dei soldati che rappresentavano il dolore per tutti i Caduti. E lo fece in una maniera generosa, spontanea e sentita.

    L’arrivo avvenne con un corteo organizzato secondo uno schema predisposto: affusti di cannone, reparti in armi, clero, vedove e madri, autorità, rappresentanze varie, associazioni di ogni tipo, bambini delle scuole. Grande fu la partecipazione della popolazione lungo il percorso nelle strade e sui balconi e non solo in quel momento, ma per tutta la permanenza dei soldati senza nome nella città ci fu un costante pellegrinaggio per rendere loro omaggio.

    I feretri furono benedetti in Piazza Vittoria e poi accolti nella chiesa dei Gesuiti di S. Ignazio, costantemente vegliati da due carabinieri in alta tenuta e una guardia d’onore nella quale si avvicendarono ex combattenti, volontari di guerra, mutilati e legionari. La città che aveva fatto parte per quattro secoli dei territori della Corona Asburgica e che aveva mandato i suoi uomini a combattere e morire sul fronte russo fin dal 1914 sotto le insegne dell’Imperatore, ora imbandierata di tricolori rendeva omaggio a quegli undici Caduti che accomunavano nella misericordia e nel ricordo i dolori e le sofferenze vissute durante i terribili anni del conflitto. Il momento più alto delle celebrazioni si ebbe il 25 ottobre con la solenne messa in requiem, composta dal musicista goriziano maestro Corrado Cartocci.

    Il 27 ottobre, su quattro camion, con onori pari a quelli dell’arrivo, le salme partirono verso Aquileia. Nel 2021, a 100 anni di distanza dalla tumulazione del Milite Ignoto all’Altare della Patria, in tutta Italia si è rinnovata in modo spontaneo e con fervore la voglia di far rivivere un’esperienza che unì tutta la nazione sotto il segno della virtù e della pietà, e in moltissime città ci sono state cerimonie a suffragio, sia civili che religiose, oltre che il conferimento della cittadinanza onoraria al Milite ignoto, iniziativa promossa dal Gruppo Medaglie d’Oro al V.M. e sostenuta dall’Ana.

    Gorizia, da subito e con entusiasmo, ha aderito all’iniziativa; la Sezione, con alla testa il Presidente Paolo Verdoliva, ha aderito subito lavorando assiduamente per rendere il dovuto omaggio ma anche per far conoscere le vicende che videro protagonista Gorizia in quei giorni gloriosi del 1921. La prima iniziativa sul tema si è svolta il 15 ottobre, con l’inaugurazione di una mostra voluta dall’Ana, nell’atrio del Comune di Gorizia, di residuati bellici fatti “rinascere” e divenute opere d’arte grazie al nostro socio Sergio Pacori. Accanto alle opere ferree, le fotografie del maestro Juan Arias Gonano, dell’Associazione Lapis, sul tema della Grande Guerra nel territorio Isontino.

    Il 24 ottobre si è svolta una toccante cerimonia al sacrario di Oslavia, organizzata dall’Associazione Nazionale del Fante, a ricordare la riesumazione della decima salma nelle zone circostanti. Il 27 ottobre presso il Parco della Rimembranza, è arrivata la “Staffetta Cremisi per la pace”, iniziativa organizzata dall’Associazione Nazionale Bersaglieri. In questa occasione c’è stato l’alzabandiera, gli onori ai Caduti, la piantumazione di un tiglio a memoria per i posteri e lo scoprimento di una targa a ricordo del Milite Ignoto.

    Il 27 ottobre, nella Chiesa di S. Ignazio, organizzata dal Comune di Gorizia, a 100 anni di distanza, si è svolta la Messa solenne celebrata dall’arcivescovo metropolita di Gorizia mons. Carlo Roberto Maria Redaelli, a ricordo della partenza delle undici salme dei soldati ignoti per Aquileia dove, fu fatta la scelta di colui che divenne il simbolo d’Italia, il Milite Ignoto. Al termine del rito religioso, a fianco della Chiesa di S. Ignazio è avvenuto lo scoprimento di un pannello storico a ricordo della cerimonia avvenuta a Gorizia 100 anni prima, iniziativa questa fortemente voluta dalla Sezione di Gorizia, finanziata dal Lions Club Gorizia Host e con il patrocinio del Comune di Gorizia.

    Il 28 ottobre, a cura dell’Associazione “Isonzo – Gruppo di ricerca Storica” c’è stata l’inaugurazione della mostra “1921-2021 I cent’anni del Milite Ignoto”, mentre il 4 novembre si è tenuta nell’atrio del Comune l’inaugurazione della mostra “1921-2021 I cent’anni del Milite Ignoto e di Gorizia italiana”. Il 1° ed il 4 novembre si è svolta la 65ª edizione della “Fiaccola alpina della fraternità” che partendo dal tempio Ossario di Timau e attraversando tutti i cimiteri, monumenti e templi della regione, tra i quali il tempio Ossario di Udine, il tempio Ossario di Cargnacco, ha raggiunto il sacrario di Oslavia nella serata del 1° novembre, con l’emozionante corsa nella notte dei tedofori della Sezione di Gorizia, illuminati dall’esile fiam- mella della fiaccola a rappresentare la caducità della vita assieme alla volontà di rialzarsi, per ripartire da Oslavia il 4 novembre e completare il percorso fino a raggiungere il sacrario dei centomila di Redipuglia.

    A degna conclusione di questo nutrito e sentito numero di eventi il 20 novembre c’è stato il convegno storico “Centenario del Milite Ignoto”, organizzato dalle Sezioni di Gorizia e di Verona nell’auditorium della Cultura Friulana di Gorizia, con la partecipazione del prof. Tommaso Migliorini e di Alberto De Marchi e una delegazione della Sezione di Verona, capitanata dal Presidente Luciano Bertagnoli.

    Gli alpini di Gorizia sono orgogliosi di aver potuto dare un notevole contributo in questa occasione unica e di aver avuto l’opportunità di esser stata parte integrante di un progetto nato e voluto per ricordare e far ricordare una figura che, da cento anni, testimonia l’unità imprescindibile della nostra Patria, della terra dei padri, la nostra Italia.

    Roberto Buffolini