La naja scuola di vita sociale

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    Durante il periodo 1967/1969, quando in Italia si sentivano le prime avvisaglie di proteste e contestazioni studentesche e operaie, noi giovani di vent’anni si partiva per il servizio di leva obbligatorio, dove non esisteva né la protesta né tanto meno la contestazione. Dopo due mesi di Car, venivamo inviati alla volta del Trentino Alto Adige, dove era di stanza la brigata Tridentina. Brunico era la nostra destinazione. Lì il primo incontro con il comandante, cap. Tullio Campagnola, alpino tutto di un pezzo nella sua elegante divisa, uomo che incuteva in noi giovani soldati una sorta di bonaria soggezione per la sua postura autoritaria e lo sguardo attento che cercava di conoscere da subito il carattere di ognuno di noi. Il suo modo di rapportarsi con noi artiglieri era autoritario, ma nello stesso tempo attento e giusto, a volte quasi paterno. Conosceva bene tutte le nostre problematiche e di ognuna di esse trovava una spiegazione ricercando e mettendo in evidenza il lato positivo. Per qualsiasi, anche piccola, mancanza chiamava il responsabile fuori dall’inquadramento e davanti a tutta la Batteria spiegava in modo chiaro e deciso cosa si doveva e cosa non si doveva fare in quella particolare circostanza. Il malcapitato non poteva fare altro che arrossire e rinunciare alla libera uscita per qualche sera. Dopo alcuni anni dal congedo, gli artiglieri del Gruppo Vicenza sentirono il desiderio di ritrovarsi fra commilitoni e con i comandanti, così iniziarono i raduni annuali nazionali. I raduni di reparto iniziavano con il rito dei saluti fra di noi e i nostri comandanti di allora. Il primo si svolse nel Veneto, poi in Trentino, a seguire in Alto Adige, in Toscana, in Lombardia ed in Piemonte. Uno di questi incontri avvenne proprio a Marano di Valpolicella, ospiti del “nostro” comandante gen. Tullio Campagnola. Trovarsi una volta all’anno sembrava troppo poco, allora si pensò che il 4 dicembre, giorno di Santa Barbara patrona degli artiglieri, si dovesse festeggiare con un raduno. Il gen. Campagnola ne fu entusiasta! Lui non mancava mai, e non dimenticava neppure di portare il vino della sua azienda agricola per annaffiare il rancio alpino. Se dopo tanti anni si sente ancora il desiderio di incontrarsi fra noi e con le nostre famiglie, probabilmente quei 15 mesi passati insieme sono stati scuola di vita sociale. Buon alpino uguale buon cittadino.

    Zanoni Carlo, artigliere 21ª batteria, consigliere della Sezione di Trento

    Il potere qualche volta ha la scorza dura. Ma dietro la scorza la gente sa percepire l’intensità dell’animo di chi ci governa. Ho conosciuto personalmente il generale Campagnola e so di quale stoffa fosse fatto. La sua moralità e la sua passione per i più deboli raccontavano un uomo di grande spessore.