Quest’anno celebriamo il centenario della costituzione della Sezione di Trieste. Non è facile comprendere un secolo di vita delle penne nere triestine nate subito dopo il primo conflitto mondiale ad opera di un gruppo di volontari accorsi a rinforzare le fila del Regio Esercito italiano, per portare l’Italia nelle Terre irredente. Per Trento e Trieste, l’Italia ha combattuto la Prima guerra mondiale – la 4ª guerra d’indipendenza – per completare l’unità d’Italia: e non era finita! A causa del secondo conflitto mondiale, perso, il territorio della Venezia Giulia fu mutilato e gli italiani di quelle terre, per affermare la propria italianità, avrebbero dovuto continuare a lottare. Ma la battaglia più importante gli alpini triestini dovettero combatterla tra il 1943 e il 1954, quella per il secondo Risorgimento.
Durante questo lasso di tempo la città e il suo territorio subirono l’occupazione tedesca, jugoslava, le foibe, l’amministrazione anglo-americana, il Territorio Libero di Trieste. Solo il 24 ottobre 1954 Trieste ritornò italiana con il sacrificio di molti morti e mutilata del suo territorio. Piccola, grande Sezione quella di Trieste, Sezione di confine, fiera del suo passato e consapevole della fedeltà che deve alla sua storia e agli uomini che l’hanno fondata. Nel dopoguerra ha voluto far suo il motto di Leonardo Caprioli “Onoriamo i morti aiutando i vivi”. Fu così che in occasione del terremoto del Friuli del 1976 la Sezione collaborò alla ricostruzione di quelle terre.
Da quell’esperienza è nata la Protezione Civile, cui noi, con i nostri volontari, continuiamo anche in periodo di Covid, a dare un contributo significativo. Chi fa parte della Sezione sa che ha la possibilità di collaborare alle iniziative a favore della cittadinanza, come le raccolte alimentari, le donazioni di sangue, le attività presso le scuole, il canto corale e così via, ma sa anche e soprattutto che deve tener vive e tramandare le tradizioni e le gesta degli alpini e il dovere verso la Patria: partecipare a tutte le commemorazioni necessarie per tramandare il ricordo e – ambito importante – il mantenimento dei rapporti con gli appartenenti alle Forze Armate.
Trieste ha avuto il privilegio di aver ospitato ben sei Adunate nazionali, l’ultima delle quali si è svolta nel maggio del 2004 in occasione del 50º anniversario del ricongiungimento all’Italia.
Arriviamo ai giorni nostri. Usando tutte le cautele del caso e senza incorrere nelle ire di chi combatte la pandemia, gli alpini triestini si sono radunati sulla porta del Liceo Dante. Un breve tratto di sfilata li ha condotti al monumento alla Penna, eretto nel 1955, opera dello scultore Marcello Mascerini. È iniziata così la breve, solenne cerimonia per ricordare il centesimo anniversario di costituzione della Sezione di Trieste.
Davanti a tutti, al suono del Trentatré, c’era il Gonfalone della città di Trieste, decorato di Medaglia d’Oro, il Labaro scortato dal Presidente nazionale Sebastiano Favero, dal comandante dell’8º Alpini, col. David Colussi e dai Consiglieri, poi il vessillo di Trieste con il Presidente Paolo Candotti e numerosi soci al seguito. Le autorità hanno quindi deposto una corona d’alloro al monumento alla Penna. Il Presidente Candotti ha ricordato la storia travagliata ed eroica della Sezione. Il sindaco Dipiazza e l’assessore della Regione Fvg, Roberti, hanno riconosciuto il contributo, sempre pronto, che gli alpini triestini hanno dato alle istituzioni e alla città (il sindaco ha inoltre avanzato la candidatura della città di Trieste per l’Adunata nazionale del 2024).
Il Presidente Favero ha ricordato che la Sezione di Trieste «è grande per quello che ha saputo fare e dare. È il segno concreto dell’unità d’Italia». Con un pizzico di emozione ha raccontato un aneddoto di quando era bambino, viveva in Australia e arrivò la notizia del ricongiungimento di Trieste all’Italia: ci fu un’esplosione di gioia in tutta la sua famiglia. «Trieste sarà sempre nel cuore dell’Associazione Nazionale alpini », ha concluso Favero.
Enrico Bradaschia