Forti ma teneri

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    Me lo avevano detto gli alpini di Buenos Aires: c’è una canzone che è particolarmente cara a Papa Francesco. È Il Testamento del Capitano. Mi raccontavano che mentre la ascoltava veniva colto sempre da commozione. Pensavano che ciò dipendesse dalla nostalgia dell’emigrante verso la Patria di origine e, in particolare il Piemonte, terra di origine dei suoi genitori e terra dove nacque il marchese Michelantonio di Saluzzo, ispiratore della canzone, morto in guerra da capitano nel 1528, dopo aver dato disposizioni ai suoi soldati sulla destinazione del suo corpo. Forse anche tutto questo, ma la spiegazione più puntuale l’ha data lui stesso durante l’incontro che una nutrita rappresentanza di alpini ha avuto con lui in Vaticano il 26 febbraio scorso e di cui vi daremo ampio resoconto nel numero di aprile, non essendoci possibile per i tempi tipografici in questo numero.

    Era un Papa dolorante, quello che ci ha accolto, per via di un acciacco al ginocchio, ma determinato nel volerci incontrare. E dalle parole che ci ha rivolto abbiamo capito anche il perché. «Voi, cari alpini, siete esempio di responsabilità civile e cristiana. Voi siete esperti di ospedali da campo. Sapete però che non basta piantare le tende. Quelle ci vogliono, certo, ma ci vuole anche e soprattutto il calore umano, una presenza-accanto, una presenza tenera. A me colpisce la tenerezza del cuore alpino, un uomo forte ma, nei momenti della vita più forti, viene quella tenerezza.

    Mi viene in mente Il testamento del Capitano e la tenerezza verso quattro donne (sic!): la mamma, la fidanzata, la Patria e le montagne». Quattro realtà declinate al femminile che rimandano agli spazi vitali dell’essere umano, ossia la famiglia, l’amore di coppia, la società e la natura. E aggiunge Papa Francesco: «Questa è la tenerezza vostra che portate dentro, che è custodita dalla forza del lavoro e dell’essere accanto a tutti». Tenerezza. È un sostantivo molto usato nel linguaggio di Papa Francesco. Ma forse assente in quello degli alpini. Eppure la tenerezza, che potremmo definire l’emozione di chi protegge e si fa vicino a chi ha bisogno o è più debole, è da sempre un biglietto da visita che accompagna il loro operare. Uomini simili ai frutti del deserto, duri di scorza ma dolcissimi dentro.

    C’è poi un secondo forte messaggio nelle parole di Papa Francesco, là dove parla di fraternità. «Siete riusciti a camminare insieme per un secolo, dimostrando di essere una famiglia. Una realtà ramificata in varie Sezioni e Gruppi che è stata in grado di fare della diversità dei singoli un’occasione per far crescere la fraternità. Ma cosa fa sì che l’Ana non sia solo una organizzazione ma una famiglia? Il segreto non sta solo nei valori che vi accomunano e nello spirito di gruppo, ma nel senso vivo dell’altruismo. Non si è alpini per se stessi, ma con gli altri e per gli altri.

    Oggi, nel soffocante clima di individualismo che rende indifferenti molti, c’è bisogno di ripartire da qui». Parole importanti, da non dare per scontate, sapendo bene che anche il nostro Corpo, come tutte le realtà sociali non è esente dai virus dell’animo, quelli dell’individualismo, della rissosità, della competizione, che sono spesso più dannosi di quelli fisici. Sono molte le sfide che ci stanno davanti. E se il pensiero corre al nostro futuro associativo, lo sguardo dovrebbe concentrarsi sull’eredità che vogliamo consegnare a chi avrà la responsabilità di gestire il futuro di tutti, ossia le nuove generazioni. È a queste che noi dobbiamo lasciare, in controtendenza rispetto a logiche di corto respiro, le sementi di ciò che ci ha reso grandi e che il Papa ha sintetizzato in due parole, altruismo e tenerezza.

    Bruno Fasani