In un mondo sconvolto

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    Il primo settembre 2001 il direttore del quotidiano in cui lavoravo mi propose di assumere l’incarico di capo della redazione Esteri. Accettai, ma un po’ a malincuore: avevo ventisei anni di cronaca alle spalle e pensavo che mi sarei un po’ annoiato a tenere d’occhio eventi tanto lontani dai nostri interessi. Dieci giorni dopo due aerei passeggeri furono mandati a schiantarsi contro le Torri Gemelle di New York e un altro sul Pentagono e la percezione del mondo cambiò. Ventidue anni fa qualcuno mise il destino di milioni di uomini in un frullatore dimenticandosi di mettere il coperchio: da allora tutto, sulla scena internazionale, è evoluto in peggio con una velocità drammatica.

    Gli attori tradizionalmente protagonisti dei destini del mondo hanno dovuto confrontarsi con altri balzati all’improvviso sulla scena, capaci, come prima non accadeva, di influenzare le politiche economiche e strategiche mondiali e tutto è diventato più difficile, con gli organismi internazionali come l’Onu che annaspano tra impotenza operativa e veti incrociati.

    Pensavamo che la guerra, dopo la devastazione del 1939-1945 non si sarebbe più ripresentata nel Vecchio Continente, ma il 24 febbraio 2022 i carri armati russi hanno invaso l’Ucraina: forse Mosca sperava in un blitz per destituire il governo di Kiev. Così non è andata e da oltre seicento giorni centinaia di migliaia di uomini cadono o vengono feriti sui campi di battaglia, gran parte dei quali teatro della ritirata degli alpini dal fronte russo.

    Ma l’orrore non è finito ed è riuscito, per quanto possa sembrare impossibile, a coglierci spaventosamente un’altra volta di sorpresa: un altro “11 settembre” si è abbattuto, questa volta su Israele, innescando una spirale di violenza che, mentre scriviamo, non accenna a placarsi e rischia di innescare una crisi internazionale dalle conseguenze inimmaginabili.

    Scrivo queste righe senza alcun intendimento di analisi di cause e ragioni, avendo negli occhi le immagini degli alpini a Lodi per il 2º Raggruppamento: con le penne nere che, accolte da sorrisi e applausi di migliaia di persone hanno portato in sfilata uno striscione verde che invocava “Mai più la guerra, mai più!”. Parole pronunciate dal papa san Paolo VI nel 1965, nel ventennale della costituzione delle Nazioni Unite: parole accorate, un nobile appello alla concordia e alla fratellanza, ma mai tanto disattese come nei decenni seguenti, a dimostrazione che l’uomo sembra non imparare alcunché dalla storia.

    Ho ricevuto lettere accorate che chiedono anche all’Ana di fare qualcosa contro la devastazione di umanità a cui assistiamo quotidianamente: una dimostrazione della considerazione e della fiducia che i nostri soci ripongono nella grande famiglia alpina.

    Dal punto di vista politico e strategico internazionale possiamo ovviamente fare ben poco (per non dire niente): possiamo però continuare a portare ogni giorno, ovunque siamo chiamati ad intervenire per situazioni di necessità, la nostra umanità, il nostro spirito di servizio, la capacità di metterci a disposizione di quanti abbiano bisogno, senza nulla chiedere in cambio. Ci basta riportare anche solo per un attimo il sorriso sui loro volti. È quello che possiamo e dobbiamo fare: aiutare trasmettendo valori e positività sapendo che qualcuno, non importa quanti, certamente raccoglierà. Essere d’esempio, sempre, perché, lo ha ricordato anche il vescovo di Lodi, “gli alpini costituiscono una riserva di amore”.

    Massimo Cortesi