In Sudafrica, fra gli alpini della seconda naja

    0
    85

    Visita del presidente nazionale Corrado Perona nel 20º anniversario di costituzione della Sezione Sudafrica L’omaggio ai Caduti italiani sepolti nel cimitero di Zonderwater

    di Vittorio Brunello

    Il 60º della fine della seconda guerra mondiale è stato celebrato dalla Sede Nazionale in modo inconsueto. Il presidente Corrado Perona e una trentina di alpini e familiari sono andati a rendere omaggio ai 252 soldati italiani che riposano nel cimitero di guerra di Zonderwater, in Sud Africa, 120 chilometri da Johannesburg. In quell'area gli inglesi avevano concentrato i prigionieri superstiti delle battaglie dell'Amba Alagi, di Keren e di Alamein. Lì, più che il filo spinato, erano le immense distese dell'altopiano 1.700 metri sul livello del mare a sconsigliare la fuga.

    Nel luglio del 1943 se ne contavano 78mila, c'informa Emilio Coccia, presidente dell’associazione che cura in modo impeccabile il cimitero e custodisce con passione le memorie dei piccolo museo.
    Nella sfortuna quei prigionieri furono dei privilegiati. Il colonnello Prinsloo, comandante del campo, oltre ad attenersi con scrupolo alle disposizioni della Convenzione di Ginevra, da lui definite il più nobile accordo tra gentiluomini , cercò di occupare questi giovani in attività lavorative e ricreative compatibili con lo status di prigioniero. Nacquero laboratori di falegnameria, di lavorazione del ferro, della pietra, furono costruiti strumenti musicali e qualcuno si cimentò, immaginiamo con quante e quali ironie, perfino nell'uncinetto. Funzionavano con gran successo quattro teatri, anche di mille posti, con opere che oggi farebbero impazzire i concorrenti dei quiz televisivi: ‘Il paese dei Campanelli’, ‘La Principessa degli Zingari’, ‘La cena delle beffe’.

    I ruoli femminili, con trucchi usciti dalle fervide fantasie dei barbieri, venivano interpretati ovviamente da splendide, procaci e sfacciate fanciulle dai lunghi peli malamente nascosti da succinti reggiseno. Fiorirono scuole per analfabeti e avanzate, altari scolpiti nella pietra, campi da calcio, di atletica, atelier di pittura, di intarsio, fino all' organizzazione di una grande mostra di prigionieri italiani di guerra. La vita a vent'anni in un campo di concentramento non è il paradiso, ma quelli che sono tornati dalla Germania o dalla Russia raccontano storie diverse.

    L'impeccabile tappeto erboso, le lunghe file di croci bianche e la bandiera italiana che sventola in un cielo dall'azzurro terso lasciano in tutta la comitiva una profonda tristezza. Ai primi di novembre, ogni anno, questi giovani sono ricordati con una grande cerimonia ufficiale quest'anno sarà presente anche il Capo dello Stato Ciampi ma poi per mesi, in quel paesaggio senza confini ci sarà solo la voce del vento o la visita di qualche vandalo, incurante dell'alta mura di cinta e dei fili ad alta tensione.

    Dopo una rapida visita a Pretoria, giardini fioriti e grandi parchi all'inglese, elegante nelle sue costruzioni pubbliche e nelle ville della periferia, sosta d'obbligo a Soweto, davanti al memoriale delle lotte per l'abolizione dell'apartheid. Un'immagine choc degli scontri con la polizia, scattata da un fotografo della CNN, campeggia accanto al monumento voluto da Mandela come segno della fine del dominio bianco. Si tocca con mano in aeroporto, uffici, alberghi, controllo del traffico, cliniche, che il Paese sta avviando in modo positivo la normalizzazione dei rapporti tra bianchi e neri, anche se, come ovunque, stride forte il contrasto tra le bidonville o le aree riservate alle ‘scatole di fiammiferi’, le casette popolari di recente realizzazione, e i quartieri ricchi. Cosi non può stupire se tutto è blindato da recinzioni, spesso con l'aggiunta di filo spinato o elettrificato e se i negozi importanti mettono in bella mostra un cartello giallo con le parole ARMED RESPONSE (reazione armata, n.d.r).

    In questa realtà suggestiva e controversa vive una comunità italiana stimata ed apprezzata con in testa gli alpini che, nella circostanza, hanno celebrato il loro ventesimo della costituzione della sezione Sud Africa. Il presidente Tullio Ferro, un imprenditore dai modi sbrigativi ma dal cuore d'oro, ha accolto la delegazione proveniente dall'Italia con una serata a base di piatti tipici, vini eccellenti e la partecipazione del locale coro A.N.A. diretto da un'energica Francesca Bortolotti.

    Domenica 24 grande adunata presso il club italiano dove si trovano una bella baita, orgoglio degli alpini e un monumento, a piramide tronca, sormontato da una robusta aquila a protezione del nostro cappello. Toccante cerimonia officiata dal cappellano don Giuseppe, originario di Trento, assistito da don Sergio della Congregazione di don Gnocchi, presenti il viceconsole Giovanna Rigato, donna semplice ed affabile che nel corso del pranzo non ha disdegnato di servire in tavola, il generale sudafricano di brigata aerea Mario Brazzoli, lontane origini veronesi, con la banda dell'aeronautica per gli inni nazionali e gli o­nori ai Caduti, l'addetto militare col. pilota Luigi Tedesca e il consigliere per gli italiani all'estero Riccardo Pinna.

    A conclusione dell'incontro il presidente nazionale Corrado Perona ha tenuto un discorso a dir poco trascinante, sciogliendo in lacrime le signore presenti, ma anche molti rudi alpinotti, Tullio Ferro compreso. Mi sta capitando di tutto in questo periodo di presidenza ha commentato il nostro Corrado ma un bergamasco che piange mi arriva nuovo .

    Il pranzo d'onore presso il club italiano con oltre trecento presenze ha sciolto il rigore dell'ufficialità lasciando spazio alle conoscenze di paesani, di persone con storie incredibili come Biasion, origini bassanesi, che vive in Namibia, o Beppi, che fa soldi a palate fabbricando bulloni nello Zambia. Toni invece ascolta inorridito il presidente Perona che racconta di una bevuta epica ai tempi della naja. Alza le braccia sconsolato: Mi dovaria 'ver la memoria d'n lefante par contare le bale che go fato lunga pausa …ghi'n tiro su una al dì .

    Non è vero, mi sussurra all'orecchio la solita talpa, è un gran lavoratore che sicuramente sì beve un litraccio al giorno, ma ‘l'è sempre drito come na càndola’. Ci si lascia tra abbracci, lacrime e un solo pensiero: l'Italia. La serata si chiude con una grandinata come non se ne vedeva da decenni: un massacro di uccelli inesperti a queste avversità e… un caduto, il giovane Enzo Turchet, veneto della comitiva italiana. Per recuperare una giacca a vento dal pullman in partenza, scivola ingloriosamente sulla grandine e si procura una frattura alla caviglia, concludendo così il suo viaggio, immemore che la nostra preghiera rende sicuro il passo sui perenni ghiacciai, non su ‘le bale de tempesta’.

    Il gruppo proveniente dall'Italia prende la via delle savane, delle lunghe spiagge bianche, degli animali in libertà, dell'Africa selvaggia e autentica. Il presidente Perona invece, dopo una sosta d'obbligo al ristorante Venezia gestito dall’immaginifico alpino Giorgio Chiappini che lo ha trasformato in un pantheon delle glorie d’Italia, compresa una bandiera di guerra recuperata a Tobruch da un ufficiale sudafricano, fa una puntata a Città del Capo. La bellezza delle baie e della flora marittima battuta dal vento non fa dimenticare che lì, nel 1488, l'Europa ha voltato pagina. Su quei marosi battuti dalle tempeste Bartolomeo Diaz vede naufragare le sue caravelle, ma la via delle Indie è aperta e poco dopo Colombo scopre le rotte per le Americhe.

    Il Mediterraneo, Venezia e l'Oriente perdono la centralità attorno alla quale è cresciuta la nostra civiltà. Ma questa é un'altra storia. Anche se un gruppo di alpini, cappello in testa, gagliardetti al vento, si arrampica sul promontorio di Finisterre per vedere lo spettacolo della convergenza degli oceani Atlantico e Indiano. Anche chi si porta la montagna nel cuore non resta insensibile al fa
    scino del mare e ammira quelli che hanno saputo dominarlo.