In risposta ad Aviani

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    Caro direttore, sul numero di marzo, a proposito della campagna di Grecia, Guido Fulvio Aviani scrive che, nell’aprile 1941, “la guerra era finita grazie all’intervento tedesco”. Premesso che si trattò di una guerra sciagurata, mal preparata e peggio gestita, mi permetto di dissentire, almeno parzialmente, da Aviani e da tutti coloro che imputano la nostra vittoria all’intervento germanico come se da soli, fossimo stati destinati alla sconfitta. Nella sua monumentale opera “Storia delle truppe alpine”, pubblicata sotto l’egida dell’Ana, Emilio Faldella scrive quanto segue: “Se esigenze politiche e la decisione di Hitler di intervenire nei Balcani impedirono all’Esercito Italiano di concludere da solo la guerra contro la Grecia, con una vittoria che fosse esclusivamente opera sua, è però certo che, anche senza l’intervento germanico, l’avrebbe conseguita, poiché con la resistenza consolidata e l’organizzazione delle forze, faticosamente ma abilmente compiuta mentre durava la lotta, ne aveva ormai, a fine marzo 1941, creato le premesse che sarebbe stato in grado di sfruttare da solo, dall’aprile 1941 in poi”. Certamente l’intervento tedesco accelerò la fine della campagna, ma non diamo troppi meriti (si fa per dire) all’alleato germanico. Come scrive Faldella (che non è l’ultimo arrivato), alla fine ce l’avremmo fatta, anche da soli.

    Mario Bergamini

    Come scrivevo poco sopra, la storia ci regala la sua ricchezza anche attraverso le diverse sensibilità con cui la si analizza. Grazie pertanto di queste osservazioni.


    Egregio direttore, riguardo l’articolo di Fulvio Aviani, sulle motivazioni dell’invasione della Grecia anche Aviani si attiene alla vulgata generale, politicamente corretta, di denigrazione sempre e comunque del nostro esercito, colpevole del peccato originale di far parte del regime del ventennio. Sebbene la nostra impreparazione logistica e d’armamento si sia manifestata fin dai primi passi, non credo che lo Stato Maggiore fosse composto da imbecilli o principianti che abbiano spedito allegramente allo sbaraglio i propri uomini con “uno sconsiderato piano di attacco”. Checché se ne dica, nemmeno Mussolini era uno sprovveduto e dopo lo stentato e quasi fallimentare intervento in Francia, non è credibile abbia ordinato l’invasione della Grecia per “ripagare Hitler con la stessa moneta”, quasi una capricciosa ripicca a seguito della poca considerazione nei nostri confronti. L’urgenza dell’intervento che ha messo in luce le nostre carenze, fu dovuto alle intenzioni e mire inglesi tendenti a realizzare aeroporti militari sul suolo greco, quali basi di palese minaccia al nostro territorio. Implicitamente lo riconosce lo stesso Aviani quando cita la sconfitta del Corpo di spedizione britannico ad opera delle truppe germaniche. È noto, infatti, l’interesse della Gran Bretagna per il Peloponneso anche alla fine del conflitto, tant’è che fu determinante il suo impegno nella guerra civile greca combattuta dal 1946 al 1949.

    Roberto Pulli, amico degli alpini del Gruppo di Fogliano Redipuglia,
    Sezione Gorizia

    Grazie anche per queste precisazioni che ci aiutano a capire il senso dell’intervento nei Balcani.