Il sole nei piccoli gesti

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    È una tranquilla domenica di maggio quando mi reco per lavoro in un paese alla periferia sud di Verona, Ca’ degli Oppi. Arrivando, per caso, mi scappa l’occhio su un cartellone. Grande, verde, scritto con caratteri vistosi. Scopro che l’hanno fatto gli alpini, per darmi il benvenuto. Anche se non sono lì per loro, esprimono orgoglio per il fatto che nel loro paese sia venuto il loro direttore, il giornalista, il prete… Così è scritto.

    È una sorpresa inaspettata che profuma dell’animo di chi l’ha ideata e realizzata. Animo alpino. Sarebbe facile liquidare l’episodio, confinandolo nel perimetro delle piccole cose. Saranno anche piccole cose, ma il fatto è che da oltre un anno sono proprio le piccole cose che ci mancano, quelle che in situazioni di normalità siamo portati a sottovalutare o non riconoscere nel loro oggettivo valore.

    Fa clamore la mancanza dell’Adunata, degli incontri in presenza, le rimpatriate in baita, le celebrazioni sui luoghi della memoria. Ma prima ancora ci mancano le strette di mano, lo stare insieme, incontrarsi, abbracciarsi, ridere, scherzare, raccontarsi, piangere, pregare… Usciamo pian piano dal tunnel della freddezza, quando incontrarsi era diventato un pericolo, mentre prendiamo coscienza di quanto siano importanti le piccole cose che intrecciano le nostre relazioni, quelle che abitualmente non siamo portati ad apprezzare o a considerare nel loro valore oggettivo.

    Ci stiamo rendendo conto di quanto sia importante una smorfia del viso, un sorriso, uno sguardo ironico o malizioso, cose che ci aiutano a capire meglio coloro che abbiamo davanti e spesso a intrecciare il nostro animo col loro. Ci hanno omologato dietro una maschera. Tutti uguali come macchine con la stessa targa. Ci è mancata l’originalità dei volti, quelli che raccontano più delle parole. Ci è mancata la forza del darsi la mano, delle pacche sulle spalle, come silenziosi trasmettitori di sentimenti per le frequenze dell’animo.

    Tutto questo ci è mancato, seppellito sotto gel e mascherine. Ma forse proprio la loro assenza ce ne sta facendo percepire il bisogno e il valore. Quasi a tirarli fuori dalla ruggine della quotidianità, fatta di piccoli gesti, che sono in realtà il motore della vita. Gesti ripetuti meccanicamente, senza pensare razionalmente alla loro importanza.

    Poi basta che ti manchino per un tratto della vita e allora improvvisamente ti viene spontanea una domanda: cosa sarebbe l’esistenza umana senza questi piccoli segni che le danno sapore e rendono piacevole lo stare insieme? Diceva Sigfried Giedion, storico e critico d’arte, che “anche in un cucchiaino di caffè si rispecchia il sole”. Giusto per ricordarci che l’infinito sta prima di tutto nelle piccole cose. Forse non ci avevamo mai pensato, come succede fintanto che le cose funzionano.

    Poi… E così, improvvisamente scopriamo che ci manca la ferialità delle piccole cose, nascosta dietro la paura che l’altro possa diventare un pericolo per la tua salute. Ecco cosa ci è mancato in questo lungo inverno popolato dal virus. Ci è mancato il sole del calore umano. E soprattutto la percezione di quanto sole si nasconda nelle piccole cose.

    Il valore del mangiare, cucinare, piangere, arrabbiarsi, gioire, amare, comprare, viaggiare, farsi una vacanza… Tutto questo ha certamente una valenza sociologica e di costume. Ma l’esperienza di questi mesi ci insegna che è con questi piccoli gesti che si spartisce la vita, con i suoi piaceri, o con le sue possibili delusioni. A noi tutto questo è mancato. E proprio per questo anche un benvenuto alpino ha la forza di un raggio di sole.

    Bruno Fasani