Il significato delle commemorazioni

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    Le commemorazioni di avvenimenti bellici possono avere finalità contrapposte. Possono essere sorrette da uno spirito di continua rivalsa dei vincitori nei riguardi dei vinti , di chi aveva ragione contro chi aveva torto , oppure possono essere, oltre alla testimonianza della riconoscenza a quanti sacrificarono
    la vita compiendo il proprio dovere, un momento di insegnamento per perseguire un mondo migliore e indicare alle giovani generazioni i valori sui quali fondare un futuro comune.
    Queste considerazioni anticipano la ricorrenza dei 60 anni della battaglia di Nikolajewka e di quell’inverno 1942 43 che segnò la svolta cruciale del secondo conflitto mondiale. Una guerra che, considerandola serenamente dall’osservatorio
    della storia, appare sempre più in tutta la sua sconvolgente assurdità.
    Sembra davvero singolare che, a più di mezzo secolo, quegli eventi siano ancora così attuali particolarmente nel nostro Paese e aprano ferite mai rimarginate, suscitino polemiche, alimentino rancori e passioni che il balsamo del tempo avrebbe dovuto decantare.
    Anche gli alpini celebrano questa data, e lo fanno apprestandosi a commemorare la battaglia di Nikolajewka il momento più drammatico e tragico della campagna di Russia rendendo onore alla memoria non solo dei Caduti dell’Armir ma di tutti i soldati italiani morti sui vari fronti, affratellandoli a tutti i Caduti nella serenità della morte che non conosce odi.
    Pur sorretti dalle migliori intenzioni, non possiamo non chiederci perché in altre commemorazioni, anche ufficiali, ci siano talvolta delle note stonate. Come mai, percorrendo a ritroso la storia dell’Italia, sia quasi inevitabile scoprire ancora schieramenti opposti e tenaci rancori.
    È un fenomeno che appartiene soltanto all’Italia: non alla Spagna che fu dilaniata da una sanguinosa guerra civile, non alla Germania che subì la follia collettiva del nazismo, non alla Francia che ebbe il regime di Petain. Quando questi Paesi vennero ricostruiti, con le macerie vennero rimossi anche i fattori che avrebbero potuto compromettere il rapido ritorno alla normalità. Ovviamente non sono mancate le analisi, politiche e storiche. Ma, fatta chiarezza e ricostruiti gli avvenimenti anche nelle loro responsabilità, le naturali polemiche del dopoguerra ebbero breve durata e anche il secondo conflitto rientrò in una dimensione storica più serena. Del resto, altri problemi la guerra fredda, la minaccia nucleare, altri focolai di guerra nei vari scacchieri contribuirono a ridimensionare ulteriormente polemiche che ormai non avevano più riscontro con la realtà.
    In Italia questo non avvenne. Rimase sempre aperta la frattura fra vincitori e vinti , fra coloro che combatterono dalla parte giusta e quanti invece dalla parte sbagliata .
    Il mese scorso abbiamo riportato un’infelice frase di chi, commemorando la battaglia di El Alamein, ha reso onore ai Caduti italiani anche se erano dalla parte sbagliata . Quindi, anche gli alpini in Russia erano dalla parte sbagliata, come pure quelli che combatterono in Grecia e in Jugoslavia. Insomma, avrebbero
    sbagliato tutti gli italiani che furono mandati in guerra, e peggio ancora coloro che ci andarono come volontari, convinti che questo fosse il loro dovere.
    Il presidente della Repubblica Ciampi ha parlato anche recentemente di riconciliazione, di unità degli italiani. Riconciliazione che significa fare luce sul passato, ma poi saper guardare al futuro senza coltivare rancori.
    Questo è il senso delle commemorazioni alle quali gli alpini sono tanto legati, celebrazioni che si svolgono senza accuse, senza sensi di colpa, alle quali invitano gli ex nemici. E mantengono la memoria del passato solo per onorare i reduci e i Caduti, imparare dal loro esempio e andare avanti, senza rancori.