Caro direttore in occasione del recente raduno di Pordenone ho fatto visita al Sacrario Militare di Asiago detto di Leiten. Come per tante famiglie italiane anche per la mia è un posto importante perché in questi luoghi mio nonno partecipò alla prima guerra mondiale. Già da lontano il Sacrario si staglia imponente su una collina che lo pone in una posizione principesca, al centro dell’altipiano.
Poi le dimensioni e gli spazi divengono sempre più intimi inoltrandosi nel suo interno, con migliaia di nomi e date che ricordano in ogni momento la solennità e l’importanza viscerale del Sacrario. Sono arrivato alle 11, iniziando la mia visita, cercando di gustarmi le sensazioni e le emozioni di tutto quel carico di storia nazionale e di storie personali che trasmette questo grande monumento di ricordo italiano. Poi ho iniziato la visita al museo, affascinato da foto uniche della Grande Guerra. Ad un certo punto un signore mi si avvicina e dice: “Si chiude”… Lo guardo capendo di essere di fronte al custode del Sacrario. Non credevo esistessero. Credevo fossero luoghi sacri che per strani principi restassero sempre aperti. Certo la mia è una visione romantica che si scontra con la reale difficoltà di manutenzione e gestione di una struttura di questa imponenza. Quindi come fosse un bidello, alle 11,45 il custode mi allontana dal Sacrario. Mortificato e sorpreso esco da questo luogo nel quale avrei passato almeno altre due ore, cercando di portare a casa più emozioni possibili. Poi fuori rivedo il custode al quale chiedo la possibilità di salire sull’enorme terrazzo del Sacrario. Lui mi risponde: “Devo fare uscire tutti fin giù in fondo. Sopra è da anni che è chiuso perché il parapetto è troppo basso e con le nuove normative è considerato pericoloso”, poi vedendo il mio sguardo affranto aggiunge “Se vuole tornare, riapro alle 14”.
Claudio Bianchera
Quanto le è accaduto può essere letto in due maniere. In positivo, innanzitutto. Pensi se quel luogo fosse incustodito, lasciato senza controllo alla mercé di chicchessia. Pensare che lì c’è un custode è una forma di rispetto per i Caduti e una garanzia di tutela del luogo. In negativo c’è quello che lei lamenta: possibile che la pietà debba essere confinata nei precetti del formalismo burocratico? Se questo scritto potesse servire a pensare ad una maggiore elasticità di orari, sarebbe davvero provvidenziale. A riguardo è opportuno sottolineare che l’ANA ha stipulato un accordo quadro con Onorcaduti per la manutenzione e la sorveglianza dei Sacrari. Attualmente gli alpini sono presenti a Cima Grappa e, a breve, lo saranno anche in altre strutture.