Ciao Bruno, e buon ritorno alla (quasi) normalità a te! Leggo il bellissimo editoriale del numero di luglio e mi si apre il cuore. “C’ero all’ingresso della cripta di San Francesco d’Assisi, quando un frate con le spalle un po’ curve, la faccia paciosa e l’età imponente, rivolgendosi ad un alpino che entrava con il cappello in mano, gli ha detto: può tenerlo in testa. Quel cappello va portato sempre”. Ho i brividi e, davvero, quasi le lacrime per l’emozione. Dopo aver “combattuto” inutilmente per anni contro i talebani della libretta, vedo che le persone di cuore la pensano come i nostri veci e come mi è stato insegnato a naja. In chiesa si tiene il cappello alpino in testa, proprio per rispetto. So che la libretta manterrà comunque la sua superiorità su tutto, come piace a tanti robottini (gli stessi che questionano sulla nostra Preghiera e su chi debba mettere il cappello nei nostri cori), ma nel mio cuore stampato a lettere cubitali ci sarà l’editoriale di luglio 2020.
Stefano Rossetti, Gruppo di Borriana, Sezione di Biella
Caro Stefano, la tua valutazione morale sul cappello non fa una piega. Poi però bisogna coniugarla con la realtà. E la realtà ci dice che in Chiesa c’è una disposizione che vale per tutti e che domanda di andare a capo scoperto per rispetto del luogo. Fissarsi per tenerlo in testa, più che una forma di rispetto per ciò che esso rappresenta, rischierebbe di sembrare un atto di arroganza verso i credenti che alpini non sono.