in questo scenario, che evoca vicende terribili di guerra e di morte, sentiamo profondamente come italiani e come europei il dovere della riconoscenza, della memoria, della riflessione . Il Capo dello Stato Giorgio Napolitano non nasconde la sua commozione davanti al sacrario di El Alamein, in Egitto, nel rendere omaggio, nel 66º anniversario della battaglia, ai 5.200 caduti italiani tutti guidati dal sentimento nazionale e dall’amor di Patria .
Nel sentire le parole del Presidente, veniva ancor più difficile comprendere quelle che un esponente del nostro governo pronunciò qualche anno fa in una analoga ricorrenza, quando affermò che i nostri militari avevano combattuto dalla parte sbagliata . Come se avessero deciso loro stessi di fare la guerra, di andarci e di morire. Come se non fossero proprio i soldati, che la fanno, i primi ad essere contrari alla guerra, e nonostante ciò come avvenne a comportarsi eroicamente, onorando il Paese cui appartengono.
Napolitano, in questo luogo di memoria sempre viva non ha certo nascosto le diverse e incomparabili ragioni invocate dai governi che si contrapponevano nel conflitto , le aggressioni portate da regimi che alla fine sarebbero stati sconfitti, ma ha affermato che la sconfitta non gettò alcuna ombra sui valori di lealtà e di eroismo dei combattenti italiani .
Per onorare i quali era presente anche una delegazione della nostra Associazione, con il Labaro portato dal delegato ANA a Roma Federico Di Marzo e scortato dal vice presidente nazionale vicario Marco Valditara. Erano presenti anche i vessilli delle sezioni di Torino, Cuneo, Vercelli, Saluzzo e Mondovì e numerosi gagliardetti. Il presidente della Repubblica ha parlato pensando alle celebrazioni del 4 Novembre, giornata in cui si aprono le caserme e si suggella la vicinanza dei cittadini ai militari di tutte le Armi.
Un giorno di festa e di unità non proprio per tutti, perché c’è chi chiede di abolirlo, in omaggio a una distorta concezione secondo la quale un esercito costituisce un pericolo per la democrazia. Sembra proprio che da noi il tempo proceda all’indietro, che si temano tentativi eversivi, nuovi colonialismi e nuove spedizioni. Si scambiano i Caduti in missione di pace per aggressori di cui vergognarsi.
Non vogliamo, qui, difendere i nostri militari, perché non vogliamo considerare più di tanto i loro detrattori: i nostri soldati si difendono da soli, giorno dopo giorno, in Patria e fuori dai confini, portando assistenza, aiuti e sicurezza a popolazioni che ne hanno bisogno, e desiderio di crescere. Sono stimati e considerati, e fanno onore all’Italia e agli italiani, anche a quanti fortunatamente pochi questo onore non lo meritano.
Pubblicato sul numero di novembre 2008 de L’Alpino.