Il nostro monte

    0
    63

    Una pietraia a 2mila metri di quota nella parte settentrionale dell’Altipiano dei Sette Comuni. Un luogo dove rari escursionisti non riescono a turbare il silenzio che regna sovrano. Ma, una volta l’anno, qui risuonano ancora le voci di qualche migliaio di alpini che salgono a ricordare i 20 giorni di grida, scoppi ed esplosioni del 1917. Quest’anno l’evento assume un sapore particolare dato che si svolge in concomitanza con il raduno del 3º Raggruppamento, per celebrare i 100 (+2) anni dallo svolgimento del primo convegno della neonata Associazione Nazionale Alpini, svoltosi proprio in Ortigara nel 1920.

    La cerimonia nell’ampia spianata a sud della Colonna Mozza (felice intuizione dell’allora Consigliere nazionale, gen. Genovese) a malapena ha potuto contenere i 39 vessilli e i 6 gonfaloni dei Comuni presenti. Il gonfalone della Spettabile reggenza dei Sette Comuni, il gonfalone della provincia di Vicenza che riporta sul suo stemma, ricordiamolo, i quattro sacrari presenti in provincia: Asiago, Cimone, Grappa e Pasubio e gli oltre cento gagliardetti presenti, ed oltre un migliaio di convenuti. Seguendo gli ordini scanditi dal Presidente della Sezione di Verona Luciano Bertagnolli (che, con le Sezioni sorelle di Asiago e Marostica da decenni organizzano l’evento), dopo la resa degli onori al Labaro si è dato inizio alla cerimonia con l’alzabandiera, accompagnato – e qui lo possiamo proprio dire – dal Canto degli italiani, dato che tutti i presenti l’hanno intonato a gran voce.

    Complimenti al maresciallo Daiana Zauri che, con grinta, ha comandato il picchetto armato del 7º Alpini. È stato poi il momento dei discorsi. Ha preso la parola il comandante delle Truppe Alpine, gen. C.A. Ignazio Gamba che, oltre a portare il saluto degli alpini in armi, ha ribadito come la memoria vada sempre coltivata. Per questo le attività che si stanno facendo in occasione dei 150 anni di costituzione del Corpo servono per risvegliare le memorie che si sono un po’ assopite, a partire dai simboli. In particolare, il nostro Tricolore che, nei comuni attraversati dalla staffetta, è stato trova to sempre con i suoi colori sgargianti, grazie alla collaborazione dei sindaci. Se dimentichiamo la storia qualcuno, come è successo il 24 febbraio scorso, ci potrebbe risvegliare bruscamente. È seguito poi l’accorato discorso di Sebastiano Favero.

    Dopo i saluti a tutti i convenuti ha detto: «La memoria è ciò che distingue l’uomo civile, è la capacità di ricordare e di voler trasmettere quei valori che sono fondamentali per il vivere in pace. Senza memoria, senza valori non c’è possibilità di confronto. Lo dico da qui, dall’Ortigara, dove tanti sono andati avanti: se si vuole la pace, la si deve costruire giorno per giorno. Non basta dire che si è pacifisti. Bisogna essere capaci di produrre valori che creano le condizioni per fare la pace. E gli alpini da sempre, senza fare tanto rumore, costruiscono condizioni di pace con la nostra capacità di essere disponibili sempre e comunque verso chi ha bisogno!».

    La Messa è stata concelebrata da S.E. Claudio Cipolla, vescovo di Padova, concelebrata con il cappellano della Sezione di Verona don Rino Massella (quest’anno in Ortigara a celebrare per la 42ª volta), da don Federico, vicario pastorale per l’altopiano e dal parroco di Enego, accompagnati dalle voci del coro Ana di Marostica che, da tempo, non vuole mancare all’appuntamento. Nella sua omelia il vescovo ha ripreso la parabola del buon Samaritano ed ha lodato lo spirito di servizio che caratterizza gli alpini, nelle cose grandi e nelle cose piccole, indicano queste ultime come la parte più difficile da realizzare e dove serve una sensibilità speciale che gli alpini dimostrano di avere. Al temine della Messa il Labaro, scortato dal Consiglio, si è spostato alla Colonna Mozza dove, sulle note del silenzio d’ordinanza, è stata deposta una corona d’alloro.

    A seguire un’altra corona d’alloro è stata posta al poco distante cippo austriaco per rendere omaggio agli avversari di un tempo. Con questo ultimo atto aveva temine la cerimonia e i convenuti si disperdevano in mille rivoli, scendendo dal “nostro” monte. Ritornava il silenzio sulla pietraia, il silenzio che custodisce la memoria e l’anima alpina. Fino all’anno prossimo.

    Roberto Genero