Un alpino che dopo la pensione, si era trasferito dalla città a un paesino ai piedi delle Prealpi, un giorno mi disse: «Quando la mattina apri le finestre e vedi le montagne è come se fossi sempre in vacanza». E aveva ragione. La montagna non è semplicemente un panorama, è un elemento che cambia la vita, e se con lei si condividono le giornate, occorre adattarsi, sopportarla e accettarla com’è. Insomma, è una relazione sentimentale a tutti gli effetti, ci sono i cieli azzurri, ma anche nuvole e nuvoloni, temporali che sembrano essere la fine del mondo e che mutano in lunghi tramonti rosa. Si dà e si prende quando si abita una valle e Silvio Pella lo sa bene.
È “nato” e cresciuto a Macugnaga, un’isola che non c’è: dodici piccole frazioni, l’una in fila all’altra, si susseguono in una valle stretta che picchia contro la Est del Rosa. Macugnaga è Pecetto, Opaco, Ripa, Dorf, Staffa, Testa, Isella, Motta, Borca, Fornarelli, Pestarena e Stabioli. E per Silvio non è la rinomata località turistica presa d’assalto dalla borghesia rampante degli anni Sessanta; il suo sguardo punta agli alpeggi della Val Quarazza dove riposano felici le sue vacche durante l’estate, alla sua azienda in località Fornarelli, cresciuta poco alla volta, con la fatica e il lavoro dell’intera famiglia: prodotti della terra e delle sue vacche, razza Bruna alpina, che lui chiama per nome. Ha investito migliaia di euro per farle vivere meglio, acquistando una mungitrice all’avanguardia, completamente automatica; le vacche che l’estate non sono in alpeggio escono ed entrano dalla stalla in autonomia e quando ne sentono il bisogno, si avvicinano alla macchina che mentre le munge dispensa mangime.
Poi escono libere. «È un’altra vita, sono più tranquille, lo si vede» ci dice Silvio, e da questo latte “felice”, nasce il formaggio che produceva già la nonna, il Macugnaga. È una toma fatta con latte crudo, di varie stagionature che Silvio vende spingendosi fino ai mercati del novarese. E poi la ricotta, gli yogurt e, passione della moglie Marinella, il burro fatto con la panna di affioramento e la zangola. Le galline scorrazzano libere dietro la stalla e danno uova gustose, e poi in autunno le patate di montagna, altra specialità dei Pella. «L’estate è tutto facile e bello e chi ci guarda pensa, beati loro! Ma poi le prime piogge e in un attimo l’autunno e l’inverno, e siccome qui non arriva il sole, ci trasferiamo a Pestarena dove c’è anche la scuola per Sofia e Aurora.
Con il freddo gli animali stanno chiusi nelle stalle, si tribola di più, ci sono momenti duri, ma questa è la nostra vita da sempre, non faremmo cambio». A tutto questo, l’Associazione Nazionale Alpini ha conferito il Premio Fedeltà alla montagna, un tributo al lavoro, all’unione di intenti, alla caparbietà e alla volontà di migliorarsi. Il Presidente Favero ha consegnato il premio, come di consuetudine, insieme al vincitore dell’edizione 2019, l’abruzzese Fortunato Flaviani. Le cerimonie si sono svolte al cospetto del tiglio secolare di Dorf che per queste genti simboleggia un monumento.
Accanto a Silvio la sua famiglia, la mamma Alda, la moglie Marinella e le figlie Sofia e Aurora, anche se lui, lo ricorda ed è una bellissima riflessione, di famiglie ne ha più di una: «La famiglia di mia moglie che è arrivata dopo, una famiglia acquisita giù a Premosello con tanti amici, la famiglia degli alpini di Macugnaga, della Valle e della Sezione e poi la mia famiglia, senza di loro tutto questo non ci sarebbe. Senza mia moglie Marinella! E Sofia e Aurora. Dove io non arrivo, ci sono loro».
È il senso di comunità che ci racconta Silvio, della riconoscenza spontanea, senza retorica, che arriva dritta e restituisce a chi ha lavorato prima di lui e a chi lo fa dietro le quinte, il valore che merita. È un’altra storia che nasce sulle Alpi, di donne e uomini che con il loro stile di vita sincero, insegnano che la ricchezza autentica legata alla vita in montagna è da ricercare nei rapporti umani, in una minestra calda, nella natura lavorata con fatica dalla mano dell’uomo, nell’umanità semplice che ancora è possibile trovare in questi angoli di mondo. Le profonde radici del tiglio secolare di Dorf sono come mani aggrappate a queste montagne, alimentano le nuove foglioline verdi che il tempo allarga e rende forti. Sono le generazioni che verranno, sono Sofia e Aurora nel futuro che è già qui.
Mariolina Cattaneo