Il fantasma della Val Cismon

    0
    321

    C’è una fortezza italiana, posta a sbarramento della Val Cismon, costruita oltre un secolo fa per contrastare una possibile invasione austriaca. Invasione che si verificò nel novembre 1917 quando l’esercito italiano, dopo i fatti di Caporetto, ripiegò sul Monte Grappa affidando la retroguardia ad agguerriti reparti alpini dell’8º reggimento. Nella fase finale della ritirata la fortezza venne fatta esplodere e gli austriaci, ai quali necessitava riaprire il transito sulla rotabile del Primiero, ne cancellarono le residue vestigia già nel dicembre 1917, cosicché se ne persero non solo le tracce materiali, ma persino il ricordo.

    Il forte Sant’Antonio divenne dunque un fantasma nella Val Cismon. La vita d’anteguerra di quest’opera si era sostanzialmente configurata come una monotona routine di caserma, nella quale assumevano importanza persino le diatribe circa l’uso dei liquami rimossi dalle latrine del forte ed impiegati abusivamente per la concimazione delle campagne, anziché essere smaltiti, secondo il regolamento di fortezza, con l’interramento. Ma il primo biennio “bellico” fu altrettanto anonimo: l’iniziale avanzata italiana aveva infatti posto subito fuori gioco la fortezza (e l’intero “sbarramento Brenta- Cismon”) spostando la guerra alpina in Valsugana e sul crinale principale del Lagorai.

    I comandi del Regio Esercito colsero così l’occasione per prelevare dalle inoperose ed arretrate fortezze armi (artiglierie e mitragliatrici) ed equipaggiamenti. Non fece eccezione il forte Sant’Antonio, il cui già modesto armamento venne praticamente azzerato a fine 1916. Fu solo nell’autunno del 1917, quando le vecchie fortezze avrebbero potuto tornare utili almeno per rallentare l’avanzata degli imperiali, che gli strateghi dello Stato Maggiore constatarono l’imprudenza commessa.

    Gli invasori, in discesa da Passo Rolle e dalla Valle del Vanoi, puntavano infatti ad arrivare il più rapidamente possibile nella piana tra Feltre, Fonzaso ed Arsiè, per iniziare senza indugi l’assalto finale al Monte Grappa, ultimo bastione prima della pianura veneta. Le “battaglie della ritirata” degli alpini lungo la Val Cismon, culminarono così in quello scontro per Fonzaso che la sera dell’11 novembre obbligò il cap. Candoni, apprezzato scultore nell’anteguerra ed all’epoca comandante della 153ª compagnia del btg. Monte Arvenis che difendeva il forte Sant’Antonio, a distruggere l’opera con un ingente quantitativo di esplosivo, mentre altri alpini, del Val Tagliamento e del Cividale, agli ordini dei capitani Smaniotto, Bergamo e Merlo, contendevano il passo ai fanti austroungheresi tra i villaggi di Faller e Fonzaso.

    Con il ripiegamento delle retroguardie alpine si apriva agli imperiali la via per le valli settentrionali del massiccio del Grappa; ma gli errori strategici del Comando supremo austriaco e l’ostinata resistenza dei montanari friulani lungo il Cismon e il Vanoi impedirono di cogliere l’attimo fuggente per scardinare il non ancora assestato schieramento italiano. Non furono quelle però, per gli alpini, solo “giornate di ordinario eroismo”; in molti di loro, ufficiali e truppa, emerse di quando in quando l’umano sconforto o la disperazione generati dall’apocalittica visione di un apparato militare in disfacimento.

    Stanchezza fisica e mentale, assenza di ordini, incertezza relativa all’effettiva situazione tattica e alle forze avversarie, minavano facilmente lo spirito di chi si sentiva deliberatamente sacrificato per la salvezza di altri reparti: ne è prova il veritiero resoconto diaristico di don Antonio Slongo, all’epoca giovane seminarista e successivamente apprezzato arciprete di Lamon, che la sera dell’11 novembre 1917 è a Faller, testimone diretto del confuso scontro tra gli austriaci avanzanti nel villaggio e gli smarriti alpini della 278ª compagnia del Val Tagliamento (capitano Ettore Smaniotto dai Roveri): “11 novembre, domenica. Il nemico è vicino. I nostri (…) ordinano alla gente di tirarsi nelle proprie case. I Tedeschi sono in prossimità: un attacco a Col Falcon; due nostre compagnie cadono prigioniere; i nostri, confusi, battono la ritirata. Un’ultima compagnia (Battaglione Tagliamento) si trova d’un tratto abbandonata a sé stessa, senza capitano, senza portaordini: che fare? Un Tenente (…) è disperato ed appassionatissimo pensando alla sua famiglia (…) e piange; lo conduco a casa mia onde somministrargli qualche cosa: con stento gli fo sorbire un caffè assieme al Tenente che comanda la Compagnia e lo condividono coi soldati. Quale episodio commovente! I tedeschi stanno accerchiandoli: infine dopo esitazioni prendono la strada per Fonzaso rassegnati a tutto. Eh sì! Di niente più s’importano. Mentre metto giù queste note un tuono formidabile (l’esplosione del forte di S. Antonio, n.d.a.) scuote tutta la casa e mi fa tremare. Anche per noi son brutti momenti!”.

    Oggi queste battaglie dimenticate riemergono dall’oblio con un volume di oltre 350 pagine e di quasi 300 tra foto, schizzi e cartine, dove vengono organicamente proposte memorie diaristiche personali, ricordi di reduci, relazioni e rapporti ufficiali ripescati dagli archivi di Roma, Vienna e Berlino. La pubblicazione, patrocinata dai comuni di Borgo Valsugana (Trento) e di Valdagno (Vicenza), si avvale soprattutto di inedite immagini d’epoca italiane ed austriache e delle planimetrie approntate dal progettista italiano Giulio Oldrini nonché quelle, addirittura più dettagliate, redatte dallo spionaggio austroungarico già a fine Ottocento.

    Luca Girotto

     

    Luca Girotto
    IL FANTASMA DELLA VAL CISMON
    Pagg. 356 – euro 22
    Edizioni Dbs, Rasai di Seren del Grappa (Belluno), 2021
    In tutte le librerie o all’autore lucagirotto63@gmail.com