Alpino di mare

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    Il 21 febbraio 2022 ricorre il 103° anniversario della nascita di Nelson Cenci. Un vero “alpino di mare”, come tanti altri alpini della nostra Romagna. Nelson nacque a Rimini il 21 febbraio 1919 da Agenore e Francesca Campana. Noi riminesi, a volte, quando parliamo della “Rimini sparita”, cerchiamo punti di riferimento che la colleghino al nostro concittadino e regista Federico Fellini e così mi piace segnalare che tra i ricordi presenti nella dimora della famiglia Cenci, oltre al suo vecchio, lacero e glorioso cappello alpino, si può notare, in primo piano, una foto giovanile che lo ritrae in bicicletta a fianco degli amici Federico, “Titta” e Montanari.

    Anni fa mia suocera, parlando di penne nere, raccontò dell’amicizia che la legava alla famiglia della madre Francesca e mi disse che l’alpino Nelson era uno stretto parente della signora Ennia, proprietaria del noto negozio Le 4 Stagioni, le cui vetrine in piazza Tre Martiri (ex piazza Giulio Cesare) si soffermava ad ammirare anche Gradisca nel film “Amarcord”. Il Nelson bambino seguì la madre, maestra elementare, nel suo trasferimento di docente nel cesenatese e più precisamente nel comune di Mercato Saraceno, mentre il padre era da tempo migrato per lavoro in Lombardia e solo nel 1930 tutta la famiglia Cenci riuscì a ricongiungersi a Milano.

    Tuttavia il futuro alpino rimase un amante fedele del suo mare, ritornando sempre a Rimini durante i periodi estivi, trascorrendo le vacanze con parenti e amici. Come tanti riminesi amava molto anche la montagna, a tal punto da abbandonare gli studi universitari di medicina per fare domanda di volontario nel Corpo degli Alpini ed entrò a farvi parte il 15 novembre 1940. Con l’entrata in guerra, si aprì un doloroso capitolo della sua vita, che ben raccontò nei suoi scritti, perché fu anche lui un reduce della disastrosa Campagna di Russia con il battaglione Vestone del 6º Alpini. Mario Rigoni Stern, notissimo scrittore e sergente maggiore alpino, fin dalla prima pagina del suo libro Il sergente nella neve ci parla del sottotenente Cenci.

    Il 16 gennaio 1943 Nelson fu costretto, insieme ai suoi soldati, ad iniziare la tragica ritirata, nella quale il nostro Corpo d’Armata Alpino subì tante perdite, sia in uomini che quadrupedi, mentre i più fortunati riuscirono, con enormi sacrifici, a dare una risposta affermativa al quesito ricorrente fra gli alpini: “Signor Tenente ghe rivarem a baita?”. Dieci giorni di drammatiche marce forzate ma anche di sanguinosi combattimenti a Opyt, Seljakino, Nikitowka, Ladomirowka, Malakajewka ed infine il 26 gennaio quello decisivo per rompere l’accerchiamento e sperare nella salvezza e nel ritorno a casa: Nikolajewka.

    Il sottotenente Cenci, con il suo plotone, fu fra i primi ad entrare in battaglia ma, durante l’ennesimo contrattacco, rimase ferito ad entrambe le gambe, tanto che per il suo coraggio gli fu conferita la Medaglia d’Argento, così motivata: “Durante un duro attacco ad un forte caposaldo avversario confermava le sue magnifiche doti di combattente sereno, capace e coraggioso, alla testa dei suoi alpini. Gravemente ferito non desisteva dalla lotta che dopo viva insistenza del suo comandante, rammaricandosi con nobili parole di non poter più contribuire all’azione in corso. Magnifica tempra di ufficiale ardito e trascinatore” (Nikolajewka, Fronte Russo, 26 gennaio 1943).

    Caricato su una slitta ed amorevolmente accudito dall’alpino Lancini, conducente di muli, proseguì con lui e con altri alpini la ritirata fino a Karkov dove Cenci venne ricoverato sul treno ospedale che lo riporterà in Patria. Dopo lunga degenza riesce a ricongiungersi alla famiglia, proprio nella sua Rimini, decidendo di riprendere gli studi di medicina per restituire, con l’arte medica, ai futuri pazienti le medesime cure che lui stesso aveva ricevuto. Nell’Italia distrutta andò prima all’Università di Perugia poi in quella di Bologna ed infine a Milano, dove nel 1946, si laureò, iniziando la sua lunga e stimata carriera di otorinolaringoiatra diventando, infine, primario all’Ospedale di Varese.

    La sua alpinità fu quotidianamente presente dal momento che, pur impegnato professionalmente, non rinunciò mai alle tante rimpatriate con i “suoi alpini” e in particolare con quel conducente di muli, Lancini, che riuscì a portarlo fuori dalla sacca. Proprio in uno di questi appuntamenti alpini scoprì a Cologne Bresciano una bella tenuta agricola che decise immediatamente di acquistare e così, da pensionato, insieme alla famiglia trasformò un casolare del Seicento in una elegante residenza di campagna e, ripiantando preziosi vitigni, creò una importante azienda agricola che produce vino di altissima qualità.

    Nel concludere questo ricordo di un glorioso e “vecio alpin di mare” vorrei sottolineare il suo forte legame alla storia del Corpo degli alpini, tanto che in ogni seconda settimana di maggio, la settimana programmata per le nostre Adunate nazionali, limitava qualsiasi sua visita o intervento chirurgico per parteciparvi. Centinaia di migliaia di penne nere fanno la medesima cosa, sospendendo le loro attività e per il 2022 la Sezione Bolognese-Romagnola, artefice della nostra splendida designazione, onorerà nei prossimi mesi tanti altri alpini decorati delle nostre terre!

    L’alpino Nelson Cenci morì all’età di 93 anni, il 3 settembre 2012 a Cologne e i suoi funerali furono solenni, con la presenza di tantissimi alpini e l’omelia si aprì con la lettura di alcuni sui versi: «Di quel che è passato non resta / che un dolce ricordo e il rimpianto / di averlo vissuto per poco: / un soffio di vita soltanto» E come sempre, quando si saluta un alpino che è “andato avanti” gli fu dato l’addio con il commovente canto “Signore delle cime”. Nelson Cenci riposa nel cimitero di Cologne.

    Sergio Giordano