I cent’anni di Como

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    Lo scorso anno erano al settimo cielo, per via del centenario dell’Associazione, ma per quest’anno gli alpini della Sezione di Como intendevano sfiorare addirittura l’ottavo, perché questa volta sono proprio loro a compiere i cento anni. E ce la faranno, nonostante il virus e tutto ciò che si porta dietro. Cent’anni partiti da uno dei punti più panoramici della città, la piazza Cavour, affacciata sul primo bacino del lago in uno scenario di monti, ville e cielo che si riflettono sulle acque increspate dal soffio della bréva, o del tivano. In quella piazza gli avventori seduti ai tavolini del Gran Bar Lario conversavano tenendo d’occhio l’andirivieni dei battelli a ruota, quelli azionati da macchine a vapore.

    Tra quegli avventori c’erano una trentina di alpini reduci di guerra, per la precisione trentadue, intenti a far programmi sull’avvio di un’impresa che forse non immaginavano potesse giungere fino ai giorni nostri: la costituzione della Sezione di Como di quell’Associazione Nazionale Alpini nata a Milano l’estate dell’anno precedente. Era il 5 luglio del 1920 e ai tavoli del Gran Bar Lario veniva ufficialmente fondata la Sezione di Como, una delle prime dieci nate. Meno di un mese più tardi sarebbe poi nato il Gruppo di Torno, primo della Sezione e, soprattutto, primo dell’intera Associazione Nazionale Alpini. Il passa parola tra i reduci sparsi su tutto il territorio diede i frutti attesi e in breve tempo iniziarono a prendere vita nuovi Gruppi. Un territorio variegato, quello di Como, con uomini altrettanto variegati, per via delle diverse zone di provenienza.

    Ci sono quelli di pianura, quelli che vivono nelle valli tra i monti e poi ci sono i lagheé, che nel dialetto locale significa uomini di lago. Alpini differenti nel carattere e nelle abitudini, che parlano dialetti dalle diverse sfumature, eppure si confondono l’uno con l’altro quando c’è da lavorare a favore del prossimo o da fare una cantata davanti a un bicchiere e a quattro fette di pancetta. A condurre questi uomini nel corso dei cent’anni si sono avvicendati sino ad ora otto Presidenti e sarebbero stati già nove, se l’epidemia dei giorni nostri non avesse impedito di riunire l’Assemblea dei Delegati e di procedere al rinnovo delle cariche. Andando indietro nel tempo e nella memoria, ci sono due Presidenti che molti alpini attuali ricordano, il quinto e il sesto, rispettivamente reduci dalla Prima e Seconda guerra mondiale. Il quinto, che in realtà aveva già assunto il ruolo negli anni Trenta, era il dottor Camillo Cornelio, Medaglia d’Argento al Valor Militare, combattente sull’Ortigara in veste di ufficiale d’arma, quantunque fosse medico.

    Raccontavano i vecchi di come il dottor Cornelio, dopo la guerra, corresse su e giù per lago e valli in sella alla sua moto, quando c’era da aiutare la moglie di qualche suo alpino a partorire. Fu lui il promotore della costruzione di un rifugio sul Monte Galbiga, che venne intitolato a Corrado Venini, capitano degli alpini caduto nel 1916 a Cima Maggio e prima Medaglia d’Oro al Valore Militare sul vessillo comasco. Più avanti il rifugio avrebbe acquisito due nomi, divenendo Venini Cornelio. Il sesto Presidente fu invece Mario Ostinelli, Artigliere da Montagna reduce da un campo di concentramento costretto ai lavori forzati in un’industria chimica, lavori che gli compromisero gravemente i polmoni.

    A volte raccontava del suo comandante, Teresio Olivelli di Bellagio, altra Medaglia d’Oro comasca, che in tempi molto recenti è stato proclamato Beato. Ostinelli, che per un periodo sedette in Consiglio Direttivo Nazionale, fu un importante industriale della seta. Si deve a lui la realizzazione di diversi foulard dei reparti dell’Esercito e, soprattutto, delle prime cravatte alpine. Un’eredità poi raccolta da un altro alpino comasco, Enzo Molteni, che ha realizzato le belle e più recenti cravatte marchiate Ana. E loro, quinto e sesto della serie, sono stati gli ultimi Presidenti reduci di guerra. Intanto il numero dei Gruppi e degli iscritti continuava a crescere e cresceva anche la voglia di disseminare sul territorio i segnali dell’operosità, della passione e della fede che animano gli alpini. Tracce rappresentate prevalentemente da chiesette votive e cappelle realizzate un po’ ovunque, ma soprattutto in montagna, per tener viva la memoria dei Caduti e la riconoscenza dei superstiti. Ma non finiva lì. I segnali alpini diventarono presto le opere improntate alla solidarietà.

    Si avviarono spontaneamente e senza clamore numerose collaborazioni a favore di parrocchie, oratori e asili, assistenze agli anziani e aiuti economici a diversi missionari in giro per il mondo. Dove nessuno era ancora arrivato ecco che gli alpini organizzavano diverse forme di soccorso, come Croce Verde, Sos, o semplicemente l’adesione alle locali delegazioni della Croce Rossa Italiana. Negli anni Ottanta a Mariano Comense, città che ha ospitato il raduno del 2º Raggruppamento nel 2018, gli alpini misero in piedi e avviarono con successo la Cooperativa Penna Nera, che si occupa di assistenza ai disabili e che continua a funzionare egregiamente. Un altro gesto di solidarietà venne riservato alla Casa di Riposo Greco De Vecchi di Bellagio, per una importante ristrutturazione.

    I Gruppi si inventarono di tutto per raccogliere la cifra di 100 milioni di lire. Altre importanti raccolte di fondi permisero di donare un’apparecchiatura per dialisi all’Ospedale di Bellano, un automezzo e uno sterilizzatore chirurgico all’Ospedale da Campo. Non provate nemmeno per scherzo a chiedere cinquanta centesimi di aumento per il rinnovo dell’iscrizione, scoppierebbe la rivoluzione. Ma se c’è bisogno di aiutare qualcuno, si raggiungono risultati incredibili; l’abbiamo visto per tutte le grandi calamità nazionali, per la casa di Luca Barisonzi, fino ad arrivare alla grande emergenza che stiamo vivendo in questi mesi. Altrettanto generosi sono i volontari in tuta gialla, che non si sono mai persi un’occasione per accorrere, ecco, accorrere potrebbe essere il loro motto. C’è voluto un po’ di tempo per organizzare l’Unità di Protezione Civile, pur avendola già di fatto sperimentata in Friuli e poi più tardi in Valtellina, ma poi si è riusciti a costituirla.

    Negli anni Settanta sedici Gruppi dell’Alto Lago si staccarono dalla Sezione di Como per ragioni di distanza e andarono a costituire la Sezione di Colico. Anni dopo, per lo stesso motivo, il Gruppo di Vendrogno confluirà nella Sezione di Lecco. I Gruppi comaschi sono attualmente centoventicinque e sommano settemila iscritti. Tra le opere di maggior spicco svolte dagli alpini della Sezione si ricordano il recupero e la manutenzione del Parco delle Rimembranze, sul colle che sovrasta Como e porta al Castello Baradello. Analogo intervento per il sentiero che da Como sale a Brunate, intitolato a Padre Giovanbattista Pigato, cappellano alpino in Russia. Altre opere importanti riguardano il recupero e la manutenzione di interessanti tratti di Linea Cadorna al Fortino di Monte Sasso a Cavallasca, a Cardina, sul Monte Bisbino e al Monte Crocetta di Menaggio. Località che sono diventate meta di visita d’intere scolaresche, tra le quali le classi di allievi della Scuola Militare Teuliè di Milano, che giungono puntualmente ogni anno accompagnate da ufficiali e sottufficiali.

    In tempi molto recenti ci si è dedicati per qualche anno a una collaborazione con l’Ente Villa Carlotta, bonificando oltre tre ettari di uliveti e frutteti abbandonati da diversi decenni e ridotti a boscaglia. L’ambiente ha ritrovato la sua antica dignità ed è stato inserito nei percorsi dei turisti in visita alla villa ed al suo parco botanico. L’ultima opera che porta la firma della Sezione di Como e delle consorelle Valtellinese, Lecco e Monza è la realizzazione della stalla a Visso, uno tra gli interventi Ana nel Centro Italia terremotato. Sono numerosi gli eventi che hanno dato lustro alla Sezione che ha ospitato diversi raduni del 5º Alpini e 2º Artiglieria da Montagna (così si chiamavano un tempo) e due raduni del 2º Raggruppamento. Indimenticabile l’Operazione Icaro, acronimo di In CAmper a ROssosch, organizzata e gestita dagli alpini comaschi.

    L’autocolonna di 120 camper da Milano a Rossosch e ritorno è inserita nel Guinness dei Primati. Imponente lo schieramento di mille alpini in servizio d’ordine, in occasione della visita di Papa Giovanni Paolo II in città. Sempre in quegli anni la Sezione di Como ricevette dal Comune la benemerenza dell’Abbondino d’oro, riservata a chi si distingue per opere a beneficio della comunità. Ma uno degli eventi che resteranno stampati più a lungo negli occhi e nel cuore degli alpini e cittadini comaschi è la presenza dell’urna con le spoglie del beato don Carlo Gnocchi per tre giorni nel Duomo di Como, in occasione del 90º della Sezione. Per accontentare quasi tutti gli alpini che desideravano far parte della scorta continuata all’urna, si dovettero fare turni di dieci minuti. I pellegrini in visita furono circa quindicimila. E per rimanere in tema di grandi emozioni, un altro evento molto atteso è stato quello della beatificazione del nostro Teresio Olivelli, celebrata a Vigevano e poi riproposta a Bellagio, dove nacque.

    Teresio, Medaglia d’Oro al Valor Militare e Beato. Meritano una menzione le tre mostre realizzate in collaborazione con l’Esercito Italiano, presso la caserma De Cristoforis di Como e la Villa Olmo, con tante migliaia di visitatori. Altre esperienze interessanti hanno riguardato i rapporti con gli studenti e la realizzazione di diversi campi scuola; il più importante, commissionato dalla Sede Nazionale, svolto a Griante con ragazzi di Biella, Valdagno e comaschi. Poi è stata la volta di un Cisa e di un campionato nazionale Ana di tiro a segno. Gli alpini comaschi sono orgogliosi di essere stati i primi a far sfilare gli Amici con uno striscione che li evidenziava, al raduno di Raggruppamento di Busto Arsizio. La Sezione comasca può vantare alcune eccellenze, prima tra tutte la capacità degli alpini floricoltori di Griante nel confezionare pannelli floreali, vere e proprie opere d’arte che da una cinquantina d’anni aprono le sfilate in Adunata Nazionale e nelle principali cerimonie. Altri elementi di cui andar fieri sono le due fanfare alpine di Asso e di Olgiate Comasco e i due cori di Fino Mornasco e Canzo.

    Una dolce eccellenza è quella di aver ‘inventato’ il Panettone degli Alpini, che quest’anno giunge alla quinta edizione e che sulla confezione, con tratti grafici, ci parlerà del cuore alpino. Lo scorso anno l’iniziativa è divenuta di carattere nazionale e ha consentito di raccogliere un importante contributo economico a favore della Scuola Nikolajewka di Brescia. Un altro vanto sezionale nato nel 1975 è il periodico trimestrale Baradell, che nel 2014 ha ottenuto il secondo posto nel concorso della stampa alpina e nel 2018 si è aggiudicato il primo premio. Questa è la Sezione di Como, profondamente integrata nelle diverse comunità che ospitano i centoventicinque Gruppi, soprattutto quest’anno. Quest’anno che si era sognato di costellare di grandi cerimonie e di eventi d’ogni genere, per celebrare il centesimo compleanno. Ma la situazione ha dato la possibilità di celebrare in altro modo la ricorrenza, praticando quotidianamente quella carità indicataci dai nostri vecchi “Ricordare i morti, aiutando i vivi”.

    Gli alpini comaschi, raccogliendo denaro per gli ospedali locali e per chi non riesce a sbarcare il lunario, aiutando le amministrazioni locali in numerose necessità, stanno vivendo un centenario di cui andare veramente orgogliosi. E si sono anche inventati la mascherina con il logo del centenario, per far capire fino in fondo che il loro lavoro e il loro aiuto sono la vera festa. Chi li osserva li apprezza ancora di più. In piazza Cavour, dove un tempo c’era il Gran Bar Lario, la gente che guarda verso il lago vede ancorato davanti alla Villa Olmo il Patria, battello a ruota con le macchine rigorosamente a vapore. È quello che forse cent’anni fa stava attraccando all’imbarcadero di piazza Cavour mentre a pochi metri trentadue reduci alpini fondavano la Sezione di Como.

    Chicco Gaffuri