Gli orrori della guerra

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    Avevo 7/8 anni, erano gli anni Sessanta, in casa c’era mio nonno (allora si chiamava Tatà) nato il 20 ottobre 1881, che aveva 80 anni. Un giorno eravamo in campagna e incominciò a dire queste parole: “Noi eravamo in un posto dove c’erano le montagne cariche di neve, i fiumi lunghi e larghi che portavano tanta acqua e ogni tanto l’acqua cambiava colore”. Lui sapeva il motivo perché l’acqua cambiava colore, io no. Allora gli dissi: “Tatà ma tu che ci facevi in quel posto?”. Lui rispose: “Facevamo la guerra!” e io gli dissi: “Tatà ma tu che ci facevi alla guerra?” e lui rispose: “Trasportavo i morti con il carretto”. Da quel giorno quella frase non si è mai cancellata dalla mia mente, fu come un timbro postale. Negli anni Ottanta fu la volta di mio padre, classe 1919, che aveva fatto la Seconda guerra mondiale, quando la televisione incominciò a far vedere i documentari sulla guerra con gli aerei che sganciavano bombe lui diceva di spegnere o di cambiare canale e gli si inumidivano gli occhi. Io non riuscivo a capire fino a quando una sera gli chiesi perché dovevamo cambiare canale. Lui rispose: “Chissà quante centinaia di migliaia ne ho caricate”. Mio padre era in Aeronautica, quando fu bombardato l’aeroporto di Rodi mio padre era lì e si salvò per puro caso e si ritrovò a caricare i corpi dilaniati dalle bombe dei suoi commilitoni. Oggi a distanza di cento anni dalla bocca di certi personaggi esce la parola guerra. La mia domanda è: “Abbiamo capito oppure non abbiamo ancora capito che cos’è la vita?”.

    Giuseppe Malerba Gruppo di Carpinone, Sezione Molise

    Forse ci vuole il cuore di un bambino per capire davvero l’orrore della guerra. Diventando grandi si resta prigionieri delle ragioni, delle convenienze, delle opportunità, dei compromessi… Tu hai avuto la fortuna di capire dal nonno cosa vuole dire ciò che causa la guerra. Tuo padre non ha fatto che confermare quanto la tua coscienza aveva già registrato in precedenza. E forse non sarebbe un male se tornassimo a raccontare alle nuove generazioni gli orrori del passato. Non tanto per spaventarli, quanto per renderli più coscienti e responsabili.