Torino ospita per la sesta volta gli alpini di tutta Italia. La prima fu nel 1928, quando non si usava ancora il termine Adunata ma quello di convegno nazionale e il periodo prescelto era la prima settimana di settembre, anziché la primavera. Le cronache del tempo parlano di entusiasmo guerriero e di memorie d’eroi , secondo il linguaggio caro alla retorica nazionalista del Ventennio: le immagini fotografiche rimandano invece ad un’atmosfera semplice e sincera, la folla in festa, la città che accoglie le penne nere con allegria e solidarietà, gli zaini, le tende, i fiaschi di vino, le bandiere.
La cartolina commemorativa del convegno (i manifesti murali compariranno qualche anno più tardi) é d’altronde assai poco roboante e molto alpina : un vecio e un bocia si incontrano su una vetta e si scambiano una stretta di mano spontanea e franca, uniti dall’ambiente di montagna e dalla complicità tra generazioni diverse. L’adunata che piace ai torinesi (e non solo a loro!) é questa: l’incontro tra persone che condividono non soltanto una passata esperienza di caserma, ma una cultura, un modo d’essere, una tradizione. Se l’adunata fosse memoria di gloria patria e reducismo di guerra non sarebbe un evento popolare : le centinaia di migliaia di persone che sfilano o che assistono alla sfilata sono invece la testimonianza di un coinvolgimento emotivo ben più radicato, di una condivisione sostanziale di valori e di stili.
Per questo Torino risponderà all’adunata del 2011 con lo stesso affetto del 1928, del 1940, del 1961, del 1977, del 1988, e lo farà con la franchezza e la misura che le sono proprie, perché Torino é una città profondamente alpina : non si tratta semplicemente di vicinanza geografica alle catene montuose, si tratta di cultura nel senso più ampio del termine. Le attitudini degli alpini (la determinazione, il senso pratico, la perseveranza, l’energia) sono anche le attitudini della città, lascito di una tradizione che ha saputo conservarsi pur rinnovandosi.
Nel 2011 ci saranno due elementi in più a vivacizzare l’adunata. Il primo é il volto nuovo della città. Gli alpini che sono venuti a Torino per l’ultima volta nel 1988 ricordano una città grigia e in qualche caso decadente, modulata sui ritmi del lavoro di fabbrica, di giorno affannata negli ingorghi del traffico e nell’affollamento dei tram, di sera poco illuminata, senza passeggio e senza vita . Negli anni Novanta, con la rivoluzione informatica e la ristrutturazione del modo di produrre, il modello fordista dei decenni precedenti é tramontato e Torino ha dovuto reinventarsi: non più cittàfabbrica che vive in funzione alle attività degli stabilimenti di Mirafiori, ma città che riscopre la sua storia sabauda, che investe nella riqualificazione del centro storico, che fa teatro, musica, cinema, mostre; insomma, città giovanile, aperta, animata, dove vivere é piacevole. Che Torino fosse cambiata, noi torinesi l’abbiamo percepito nel 2006, in occasione delle Olimpiadi.
Per i tanti alpini d’Italia, l’occasione sarà il prossimo maggio: ricordavano la città delle periferie e del fumo grigio; scopriranno la città ritrovata dei portici, del Quadrilatero, dei murazzi del Po, della Reggia di Venaria, di Palazzo Madama. Il secondo elemento é il 150º anniversario dell’unità d’Italia. Torino, in quanto prima capitale e motore politico militare del Risorgimento, si propone come città guida delle celebrazioni e offre alcune opportunità turistico culturali di primordine: nelle Officine Grandi Riparazioni una mostra interattiva sulla storia dell’ italianità , in cui si racconta come gli italiani siano cresciuti e cambiati in questi 150 anni; nella Reggia di Venaria, un mostra sui capolavori dell’arte italiana, fondata sul presupposto che l’Italia é esistita prima che come Stato come grande laboratorio di cultura e di arte; a Palazzo Carignano, il Museo Nazionale del Risorgimento, riallestito per l’occasione con una rilettura aggiornata e spettacolarizzata degli eventi che hanno portato all’unificazione.
Ce n’é abbastanza per dire che Torino aspetta gli alpini con l’affetto di sempre, ma anche con l’orgoglio di presentare loro un volto rinnovato!
Gianni Oliva
Pubblicato sul numero di gennaio 2011 de L’Alpino.