Fratelli a quattro zampe

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    Durante una conversazione con un amico francese ho appreso che l’Esercito d’oltralpe stava pensando di reintrodurre i muli nell’organico degli Chasseur Alpins. Si tratta di una valutazione sull’adeguamento dei mezzi di trasporto per le truppe di montagna, prendendo in esame il caso particolare del 7º battaglione Chasseur Alpins. Esso fa parte degli “Chasseurs à pied” ed è un reparto di fanteria motorizzata, inquadrato nella 27ª brigata di fanteria di montagna d’intervento rapido.

    Come per i nostri battaglioni anche quello francese è specializzato nel combattimento in montagna che esige coesione, duttilità, resistenza, autonomia e adattamento alle condizioni estreme. Utilizza normalmente veicoli di alta mobilità e articolati a cingoli, oltre ad avere il supporto dei reparti elicotteri. Ciò nonostante per un trasporto che dura ore su un terreno impervio i soldati francesi hanno capito che la tecnologia non può rispondere a tutto e i metodi dei nonni tornano assai utili. Come nel caso del mulo.

    Paziente, robusto, adattabile: questa è la carta d’identità del mulo che i veci alpini conoscono bene per averli accuditi, per averli visti arrivare al campo con un rancio caldo e per averli avuti in guerra nei momenti più critici. Il mulo ha tutte le qualità necessarie per trasportare materiale pesante e ingombrante su terreni ripidi e sconnessi, opera in ogni condizione atmosferica di giorno come di notte e – cosa nient’affatto secondaria – a differenza dei mezzi meccanici fa infinitamente meno rumore. Durante un’esercitazione di combattimento sulle Alpi il 7º battaglione ha testato il “nuovo” mezzo di trasporto per capire se in alcuni scenari il suo utilizzo poteva portare ad un’evoluzione tattica. E i risultati sono stati per certi versi sorprendenti.

    Il mulo ha innanzitutto permesso una grande libertà d’azione alle truppe e a differenza dai mezzi motorizzati che hanno il pregio della rapidità, non necessitano di grande attenzione logistica, rifornimenti e manutenzione. In più i mezzi meccanici si annunciano a chilometri di distanza. L’esperienza assimilata dai francesi è costruttiva e i risultati sono chiari: un avvicinamento silenzioso per portare il materiale in posizione, comporta una riduzione dello sforzo fisico degli uomini e quindi permette una migliore e più efficace azione complessiva.

    Ma le idee sull’utilizzo del mulo non sono fiorite solo da una parte delle Alpi. In concomitanza a questa esperienza militare in Valle Gesso (Cuneo) il mulo ha assecondato, oltre che l’aspetto pratico, la coscienza ecologica del Parco della Alpi Marittime. Davanti alla grande incertezza della stagione turistica ed escursionistica dovuta al Covid-19, si è pensato di ridurre al minimo il rifornimento dei rifugi per via aerea, utilizzato da tanti anni a scapito della quiete della fauna e della salubrità dell’aria.

    L’iniziativa è stata possibile grazie a sei mule appartenenti a Luciano Ellena di Chiusa Pesio, messe a disposizione dei gestori dei rifugi Cai. Con approvvigionamenti flessibili hanno alimentato i rifugi Bianco, Ellena-Soria, Morelli, Questa, Pagarì e Remondino, trasportando in quota derrate alimentari e materiali, permettendo così di mantenere le strutture operative ad un costo più contenuto. Tra l’altro i rifiuti sono stati trasportati a valle sempre utilizzando i muli ed evitando la malsana abitudine di bruciarli sul posto. Una svolta ecologica che è la benvenuta in questi tempi d’incertezze climatiche e che forse vedrà il ritorno in auge, per scopi militari o civili, dei nostri amati fratelli a quattro zampe.

    Alberto G. Quaranta