Fondamentale è restare “vivi”

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    Il pallottoliere impietoso del Coronavirus ci consegna ogni giorno i grani neri di tanti alpini che vanno avanti. E quando non sono loro in prima persona, sono le loro lacrime a salutare familiari, parenti, amici che se ne vanno. Impietosamente nell’aria si diffonde, invisibile come il virus, un senso di stanchezza. E cresce la tentazione di sentirci impotenti davanti al destino, che spesso non è altro che la rassegnazione difronte alle sfide della vita. Stanchezza, rassegnazione, senso di impotenza… Sono i sintomi di un rischio vero che corriamo, ossia quello di perdere smalto nell’impegno e nella voglia di lottare.

    Tutto questo ha una sua comprensibile spiegazione, ovviamente. Da mesi, infatti, ci è impedito di fare quello che è più congeniale e vitale alla nostra Associazione. Adunata rinviata, celebrazioni sezionali e nazionali rinviate, incontri rarefatti, vita di gruppo e di relazione passate dai filtri di maschere e gel disinfettanti. Noi viviamo di relazione, di incontri. Ci definiamo Corpo non solo in riferimento alla nostra appartenenza militare, ma più ancora in ragione di una appartenenza morale e umana che ci unisce. Ed è proprio la forza della vita associativa che sta pagando il prezzo più alto, smorzando entusiasmo, voglia di fare, la gioia dello stare insieme, di cantare e fare festa.

    Dobbiamo vigilare con tutte le forze, perché le cicatrici di questo virus non ci facciano ritrovare, a battaglia finita, diminuiti nei numeri, ma soprattutto nell’entusiasmo. Non saprei quali suggerimenti proporre per ovviare a questo rischio. In queste cose è importante lasciarsi guidare dal cuore e dalla generosità, senza aspettarsi che siano altri a motivarci per tirare avanti. Le prossime feste, ma anche il rinnovo del tesseramento nei prossimi mesi, le iniziative caritative (penso in particolare all’iniziativa del panettone natalizio) dovranno vederci tutti protagonisti nel fare la nostra parte per tenere dritta la barca in un momento di burrasca.

    Diciamo spesso che gli alpini sono uomini della memoria. “Per non dimenticare” sta scritto nelle motivazioni del nostro atto di nascita. Tenere viva la memoria in questo tempo in cui ci è impedito di fare i nostri incontri celebrativi diventa un’altra grande sfida. Come? Curando la nostra stampa alpina, mettendo in piedi incontri con i giovani, come e dove possibile, leggendo e cercando di ricordare nelle nostre case, non solo la nostra storia, ma anche i nostri valori, il senso della solidarietà sociale, le ragioni che stanno a fondamento della nostra sensibilità per la Patria e al senso del dovere. Restituire alle nuove generazioni il valore della memoria è il più grande servizio che possiamo fare loro in questo momento di smarrimento, che potrebbe rivelarsi, alla fine, anche una singolare opportunità.

    A questo proposito vi riporto un passo della lettera enciclica ultima di Papa Francesco, al nr. 13: «Si avverte nella cultura una sorta di “decostruzionismo”, per cui la libertà umana pretende di costruire tutto a partire da zero. Restano in piedi unicamente il bisogno di consumare senza limiti e l’accentuarsi di molte forme di individualismo senza contenuti. In questo contesto si imponeva un giudizio che ho dato ai giovani: se una persona vi fa una proposta e vi dice di ignorare la storia, di non fare tesoro dell’esperienza degli anziani, di disprezzare tutto ciò che è passato e guardare solo al futuro, non è forse questo un modo facile per farvi fare solo quello che lui vi dice?

    Quella persona ha bisogno che siate vuoti, sradicati, diffidenti di tutto, perché possiate fidarvi solo delle sue promesse e sottomettervi ai suoi piani… Le ideologie hanno bisogno di giovani che disprezzino la storia, che rifiutino la ricchezza umana e spirituale che è stata tramandata, che ignorino tutto quanto li ha preceduti».

    Bruno Fasani