Fiori, non lacrime

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    Il 13 agosto 1983 dopo i funerali solenni cui partecipò anche il Presidente Sandro Pertini, venne sepolto nel Cimitero Militare Monumentale di Santo Stefano di Cadore quello che fu definito “l’alpino ignoto del Popera”, ritrovato una settimana prima sul ghiacciaio. Fu un evento mediatico con una clamorosa risonanza a livello nazionale. Nel 2016 un gruppo di studiosi appassionati della Grande Guerra iniziò una complessa indagine storica e documentale per dare una identità a quel caduto. Un lavoro improbo che nel 2020 sembrava doversi concludere con un fallimento. Poi la svolta.

    Alcuni piccoli reperti che erano accanto al corpo e che la famiglia Martini, del rifugio Lunelli, ha conservato gelosamente hanno consentito di risolvere l’enigma e il risultato di tutto questo lavoro è stato pubblicato nel libro “Sotto una coltre di ghiaccio”, curato da Guglielmo De Bon e Silvia Musi, edito dalla Sezione Ana Cadore (cui può essere richiesto) con il patrocinio della Fondazione Comelico Dolomiti. È così che i pronipoti del sottotenente medico Carlo Cosi classe 1890, 24° reggimento fanteria, giunti da Napoli, hanno potuto mettere un fiore sulla tomba del loro caro, a 105 anni dalla sua scomparsa sotto una valanga del Vallon Popera (era il 9 novembre 1916) e a 38 anni dal suo ritrovamento.

    È stato uno dei momenti più significativi della cerimonia svoltasi domenica 17 ottobre scorso a Santo Stefano di Cadore, per il centenario del Cimitero Militare Monumentale, realizzato grazie alla pietosa opera di recupero dei Caduti di don Angelo Arnoldo, cappellano militare volontario. Il cimitero è uno dei pochi – tre in tutto con Aquileia e Arsiero – le cui salme non sono confluite nei grandi sacrari nazionali nel periodo fascista. Erano centinaia le persone presenti con moltissimi alpini – i vessilli di trenta Sezioni da tutta Italia – oltre alle associazioni combattentistiche e d’Arma. Dopo la sfilata del corteo nelle vie del paese con l’accompagnamento della banda di Ponte nelle Alpi, l’ingresso nello schieramento ufficiale del Labaro.

    Sul palco delle autorità si sono succeduti gli interventi di saluto del sindaco Oscar Meneghetti, del Capogruppo Alfredo Comis, del Presidente della Sezione Cadore Antonio Cason, del col. Stefano Fregona, comandante del 7° Alpini. Quindi il ministro Federico D’Incà che ha voluto ribadire l’importanza del contributo degli alpini, sia nel mantenere viva la memoria dei Caduti e degli eventi bellici, in una prospettiva di pace e solidarietà, sia soprattutto nell’impegno quotidiano per la comunità, in occasioni difficili, come quella rappresentata dalla pandemia: «A nome del Governo – ha detto D’Incà – voglio rivolgere un ringraziamento particolare al gen. Figliuolo per come ha condotto la campagna vaccinale a livello nazionale, ma anche ad ognuno di voi per il sostegno dato fin dall’inizio nella guerra contro il Covid».

    Anche il Presidente nazionale Sebastiano Favero ha richiamato i valori su cui si fonda l’Associazione: «Non abbiamo paura di parlare di onore, di Patria, di impegno per gli altri. La nostra è la cultura del dare senza attendere nulla in cambio, anche quando questo, come nel caso della pandemia, può essere pericoloso». Ma Favero ha voluto ricordare anche quanto sia importante coinvolgere i giovani nella condivisione di questi valori e qui ha chiesto l’aiuto del Governo e del Parlamento, affinché lo sforzo degli alpini non sia vano.

    Dopo l’onore ai Caduti è seguita la Messa, concelebrata da don Paolino e da mons. Bruno Fasani, direttore de L’Alpino. Il Cimitero Militare “Adriano Lobetti Bodoni” è meta di visite organizzate dal gruppo alpini di Santo Stefano, che ne cura anche l’ordine e il decoro.

    Livio Olivotto