Essere alpini

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    In questo periodo di isolamento forzato, ho avuto modo di riflettere su molte cose, fra queste mi sono posto numerose domande sul mio essere alpino e sui valori che penso di aver fatto miei sin da giovane. Provengo da una famiglia alpina dove, da mio nonno (cavaliere di Vittorio Veneto) a mio figlio, su 7 maschi 6 sono alpini. Io ho avuto anche l’onore di appartenere alla categoria degli ufficiali di complemento, attualmente con il grado di 1º capitano dopo numerosi richiami di cui uno in Kosovo con incarichi di comando. Sono iscritto dagli anni Ottanta alla Sezione Vallecamonica dove per molti anni sono stato consigliere e anche Capogruppo. Negli ultimi tempi più volte mi sono chiesto se non sarebbe utile fermarci un momento a riflettere sul nostro futuro e fare anche un’eventuale autocritica su quanto fatto in passato. Le cosiddette feste degli alpini non si fanno e non si faranno per il Covid, ma non abbiamo sempre detto che l’importanza del ritrovarci è il ricordo dei Caduti, anche di quelli delle missioni di pace e delle forze dell’ordine? E allora lasciamo da parte la festa ma facciamo le cerimonie. Un’altra riflessione riguarda i nostri rapporti con gli alpini in armi, credo che dovrebbe essere intensificato il supporto ai nostri contingenti fuori area magari creando gemellaggi fra Sezioni e reggimenti. Altro importante intervento sarebbe quello di avvicinare all’Associazione i cosiddetti alpini dormienti e tutti quei volontari congedati o in armi che hanno prestato servizio negli alpini. Ultima riflessione ma non per importanza è una domanda rivolta a tutti, a me in primis, quante volte ci siamo chiesti anche nella vita di tutti i giorni: “Ma mi sto comportando davvero secondo gli ideali alpini?”. Forse dovremmoporcela più di frequente.

    Giacomo Giorgi, Sezione Vallecamonica

    Caro Giacomo, sono tanti i temi che tu intrecci nel tuo scritto. Le nostre cerimonie e le nostre feste sono, nei loro obiettivi, realtà importanti e complementari. È vero che le cerimonie rievocano soprattutto i nostri Caduti, ma lo stare insieme delle feste ha lo scopo di tenere vivo quello spirito di Corpo, senza il quale non saremmo quelli che siamo. È solo il vederci, lo stare insieme, progettare insieme, che ci aiuta a superare il pericolo dell’individualismo e quindi il ripiegamento solitario nel nostro privato. Purtroppo il Covid-19 ci obbliga a essenzializzare le cerimonie e far saltare le feste. E questo esclusivamente per un senso di responsabilità verso gli altri. Non sia mai che si dica che tra gli alpini è scoppiato un focolaio. Per gente abituata a fare bene, il bene sarebbe una contraddizione in termini.