Dialogo nelle scuole

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    Ho letto e apprezzato il tuo fondo su L’Alpino di febbraio. Condivido l’analisi che fai sul fenomeno del carrierismo associativo che sembra non essere più volontà di servizio quanto piuttosto gratificazione personale, un po’ lontana dal mito fondante e dai valori che i rappresentanti associativi dovrebbero rappresentare e difendere. È comunque fenomeno di una parte e non del tutto. Credo invece che si debba approfondire l’analisi sulla volontà reale di comunicare all’esterno, in particolare nell’accedere alle scuole. Sono anni che si parla di andare nelle scuole ma all’atto pratico si perdono anche le occasioni di farlo. Allora la domanda è, vogliamo veramente farlo o è solo mera enunciazione? Se volessimo veramente farlo, credo bene che con la nostra indiscussa capacità organizzativa avremmo dovuto in primis ragionare e successivamente sviluppare attività di formazione di operatori da inviare, valutare linguaggi comunicativi adeguati, provare sul campo e correggere gli errori. Non mi pare che ciò sia avvenuto e neppure avvenga né a livello centrale né a livello periferico.

    Giovanni Comoglio

    È proprio la legge sulla Giornata del sacrificio degli alpini ad offrirci un’arma per interagire con la scuola. All’art. 4, infatti, “attribuisce agli istituti scolastici la possibilità di promuovere iniziative per la celebrazione della Giornata medesima”. Un dirigente scolastico può quindi accogliere positivamente i nostri contributi. Bisogna, comunque, ricordare che gli istituti programmano in anticipo le attività da svolgere nell’anno e che quindi è meglio proporle prima dell’inizio dello stesso. Concordo che sia fondamentale portare in aula linguaggi comunicativi adeguati: compito non agevole per molte commissioni culturali delle nostre Sezioni. Mi è capitato anni fa di assistere a un incontro (presenti due reduci) con ragazzi di terza media: per loro, un buon terzo di provenienza extracomunitaria, la narrazione della campagna di Russia ha perso interesse in pochi minuti. Allora ho preso la parola: “Ragazzi – ho annunciato – domani partirete tutti insieme per un viaggio dal quale metà di voi non torneranno mai più…”. Mi hanno ascoltato, in silenzio, per dieci minuti: poi mi hanno fatto mille domande.