Dappertutto ancora tanti Tricolori il pi degno arrivederci degli alpini

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    DI UMBERTO PELAZZA


    Si sono spenti da poco gli ultimi falò che han punteggiato la notte seguita al giorno più lungo, e già appaiono i primi chiarori dell’alba.
    Si afflosciano le ultime tende della cinta d’assedio che per una settimana si era stretta sulla città con un abbraccio affettuoso.
    Si ripercorrono ancora una volta le strade diventate silenziose, alla ricerca di un antelucano caffé della staffa prima di incanalarsi lungo il fiordo d’asfalto chiuso fra i monti, accompagnati dal mormorio della vecchia Dora Baltea, usa nei secoli a registrare impotenti irruzioni e deflussi di popoli invasori: ora però aveva riconosciuto in loro quei volenterosi che, tre anni prima, erano accorsi a dare man forte agli sgomenti valligiani colpiti da una rovinosa alluvione. Quando, nel pomeriggio del 12 maggio, la retroguardia degli automezzi imbandierati varca a Pont Saint Martin i confini della petite patrie , Aosta e la sua valle han già ritrovato la loro quotidianità. Villa Nova , borgo nuovo, era stata battezzata un tempo la contrada ricostruita dopo saccheggi, inondazioni, incendi, relegati oggi nelle memorie storiche: ma i ritmi della vita cittadina hanno ugualmente subito un sussulto, definito dal presidente regionale una scossa di vitalità, che ha coinvolto e contagiato tutti, alpini e no : anche i più scettici, alcuni dei quali si erano allontanati dalla paventata sommersione della città sotto la marea incontrollabile delle penne nere.
    Rientrati a cose fatte, han dovuto constatare con stupore che le onde erano rifluite lasciando poche tracce, rapidamente cancellate, mentre l’alba del nuovo giorno ripresentava la solita Aosta del lunedì mattina, forse un po’ più sonnacchiosa. Nelle nostre strade e nelle nostre piazze non è rimasto alcun segno esteriore della pacifica invasione delle penne nere , conclude il mattiniero presidente ma nei nostri cuori è rimasta l’eco di una festa che non dimenticheremo . Della permanenza di oltre trecentomila persone, attori e comparse della sfilata (tre volte la popolazione dell’intera regione), son testimoni unici i numerosi tricolori, volutamente dimenticati a ricordare la più grandiosa e giocosa manifestazione nella storia millenaria della valle: il più degno biglietto di saluto e di arrivederci degli alpini a chi li ha ospitati.
    Un giornale: La gente ha bisogno di eventi come questi: sono manifestazioni che fan bene a tutti . Un settimanale: La compostezza degli alpini ha annullato il timore dovuto alle dimensioni ridotte dello spazio cittadino . Un passante: Ho impiegato un’ora a fare la spesa, invece dei soliti dieci minuti, ma la sfilata mi ha ripagato di tutto . Un benzinaio del centro: In questi due giorni non ho venduto una goccia di carburante: sembrerà un controsenso, ma ne sono felice .
    Sono stati due anni di continue invenzioni dice il presidente sezionale Coquillard, che stenta a contenere la soddisfazione ostacolati soprattutto dal confronto topografico con altre città ripetutamente collaudate dall’Adunata: ristrettezza di spazio, asse unico di transito, chiusura del traffico, emergenze sanitarie . Tutte micce spente in tempo: primi a stupirsene gli stessi organizzatori: disagi e contrattempi erano inevitabili, ma erano stati previsti, messi in conto e accettati. Tutto si è svolto secondo le previsioni e senza traumi. Il programma perseguito con determinazione dal presidente era imperniato su tre obiettivi: una grande festa che avrebbe dovuto estendersi negli angoli più remoti della valle: risultato raggiunto al di là di ogni più rosea previsione. Una picconata di carattere culturale alla simbologia, dura a morire, dell’alpino accomunato al fiasco di vino, promuovendo invece spettacoli folkloristici, mostre, incontri di canto corale, film sulla montagna e i suoi alpini (oltre settanta gli appuntamenti). Trecentomila convenuti da trasformarsi in altrettanti messaggeri di un invito e di una promessa: Ritorniamo in Valle d’Aosta . Importanti i segni lasciati sul tessuto urbano del capoluogo. I cantieri, sorti in ogni angolo della città, hanno ringiovanito la viabilità, la segnaletica, la selciatura del centro storico. Forse sarà un alpino, di marmo o di bronzo, a essere collocato al centro della nuova rotonda sorta nei pressi dello stadio intitolato all’alpino Mario Puchoz, del Monte Cervino .
    Perfino la pioggia, temuta, ma anche desiderata, sembra sia stata inclusa a orario nel programma: ha avuto via libera tre ore dopo il termine della sfilata, salutare rinfresco per campi e prati e benefico refrigerio sui tre giorni più caldi della storia valdostana.