Una copertina che, nel 150º anniversario di fondazione del Corpo degli Alpini, è al tempo stesso obbligo morale e grande testimonianza storica. Alcuni ufficiali del 3º reggimento alpini posano per il fotografo: è il 1882 e la specialità del Regio Esercito è nata da soli dieci anni. Nella fierezza della postura c’entra sicuramente la componente marziale, allora assai accentuata: ma quegli ufficiali non sapevano di essere iniziatori di quella che sarebbe divenuta gloria quasi leggendaria, che un secolo e mezzo dopo dipana ancora il filo di una storia con pochi eguali nel mondo militare.
Il Corpo degli Alpini è passato attraverso pagine dolorose quanto valorose, si è coperto di gloria a prezzo di sacrifici anche immani, ma deve la potenza e l’unicità della sua meritata fama soprattutto alla caratteristica delle sue origini. La scelta di costituire reparti che fossero formati da soldati provenienti dagli stessi territori di montagna che sarebbero stati chiamati a difendere, operò un vero miracolo di consenso ed affetto tra le popolazioni, che tradizionalmente non vedevano di buon occhio le regie caserme, usurpatrici di territorio ed usanze. Perché nelle caserme degli alpini c’erano figli, fratelli e nipoti della gente del posto; le caserme, i soldati e il loro linguaggio diventavano così “cose” familiari. E quando la guerra si spostò sulle montagne la simbiosi tra gli alpini e la loro gente era totale.
Se il miracolo di consenso degli alpini è continuato tanto ed è ben lungi dall’esaurirsi è però dovuto in gran parte all’ultracentenaria opera della Associazione Nazionale Alpini, nata dalle ceneri della Prima guerra mondiale con il dichiarato scopo di essere d’aiuto in primo luogo alle famiglie dei commilitoni caduti, che si trovavano in grande difficoltà. Hanno ragione, quindi, il Presidente Favero e il gen. Gamba quando ripetono con convinzione che l’Ana e le Truppe Alpine “sono le due facce della stessa medaglia”. Perché le schiere dell’Ana sono formate dai volonterosi tra le centinaia di migliaia di giovani usciti dal servizio di leva nelle caserme delle penne nere, quelli disposti ad impegnarsi: sono loro che mantengono viva e attiva la scia dei valori forgiata dalla comune esperienza di servizio sulle montagne, assieme ad ufficiali eredi e continuatori di una tradizione militare solidissima, basata su una disciplina non formale, fatta di comunanza nella fatica e nell’addestramento.
Una comunità del sentire anche in chiave sociale, che la trasformazione dell’Esercito in forza professionale rischiava di disperdere in base ad una territorialità di uomini che si è spostata sempre più dall’Arco alpino, ma che, invece, può contare sul collante sociale e storico fornito proprio dall’Ana. Celebriamo dunque con i nostri amici in armi il prestigioso traguardo storico, concentrando ogni nostro sforzo in primo luogo nel trasmettere ai più giovani sentimenti e valori che hanno fatto grande il Corpo, giovani che forse mai come ora hanno bisogno di punti di riferimento. Ce lo chiedono 150 anni di storia.
Massimo Cortesi