Curzio Malaparte

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    Scrittore, giornalista, inviato speciale, poeta, saggista, ufficiale, diplomatico, agente segreto, sceneggiatore, regista. Sono solo alcune delle occupazioni di uno dei personaggi più poliedrici e contraddittori del Novecento, Curzio Malaparte, al secolo Kurt Erich Suckert (Prato 9 giugno 1898 – Roma 19 luglio 1957), terzogenito della milanese Edda Perelli e del tintore tedesco Erwin Suckert. Nel 1914, a soli sedici anni, si arruolò volontario nella Legione Garibaldina per combattere in Francia. L’anno successivo, tornato in Italia che nel frattempo era entrata in guerra, venne inquadrato nella brigata di fanteria Alpi e nel 1918 a Bois de Courton (Reims) si guadagnò una Medaglia di Bronzo al Valor Militare combattendo con la 94ª Sezione lanciafiamme d’assalto. Dopo la guerra aderì al fascismo ma lo visse in modo assolutamente personale e irriverente, sia nella produzione letteraria che nei fatti, tanto da essere accostato all’ideologia del fascismo rivoluzionario e di sinistra. Dopo l’ennesimo scontro nel 1933 venne espulso dal partito e confinato prima in carcere e poi in “soggiorno obbligato”. Nel 1939 Malaparte venne inviato come corrispondente del Corriere della Sera in Africa Orientale ma con l’ingresso dell’Italia nella Seconda guerra mondiale fu richiamato, inquadrato con il grado di capitano nel 5º reggimento alpini e inviato sul fronte occidentale e poi su quello greco dove, nel 1941, riprese a lavorare per il Corriere della Sera, spostandosi poi in Jugoslavia con i tedeschi, in Croazia e l’anno successivo sul fronte russo.

    La sua fama di scrittore è legata soprattutto ai libri che raccolgono le sue corrispondenze di guerra come Il Sole è cieco, pubblicato a puntate sul settimanale Tempo e raccolto completo in un libro nel 1947. “In questo ‘romanzo’ dedicato agli alpini francesi e italiani caduti sulle Alpi nel giugno 1940 tutto è vero: uomini, fatti, sentimenti, paesi”, scrive Malaparte presentando l’opera in cui narra la sua esperienza e di altri valorosi alpini, come quella del colonnello Fausto Lavizzari che morirà in prigionia in Russia. “Una guerra senza speranza, sotto il Sole indifferente, impassibile, cieco alle sofferenze umane (…) Occhio cieco del Destino (…) che ci fissa senza vederci”. Ecco spiegato il titolo del libro, un tributo incondizionato agli alpini che fotografa però un’amara realtà, come annuncia lo stesso Malaparte: “Mussolini non era sicuro dei sentimenti di lealtà dei propri soldati. (…) Della lealtà degli alpini è ingiusto dubitare (…) in quei tristissimi giorni essi non nascondevano i loro sentimenti: il loro cuore era con la Francia assassinata e vinta. Gli alpini usano, d’inverno, emigrare, cercar lavoro in Svizzera, in Francia, nel Belgio. Essi amano quei popoli, presso i quali, da antichissimo tempo, trovano lavoro, libertà, rispetto. (…) Gli alpini condannavano ad alta voce quella stupida e vilissima guerra, non volevano uccidere i loro compagni di lavoro (…) ma in tutto il Corpo d’Armata Alpino del generale Negri non vi fu un solo caso di diserzione”. Dell’esperienza sul fronte orientale scrisse in Il Volga nasce in Europa, edito nel 1943. L’anno seguente pubblica Kaputt in cui, attraverso aneddoti e memorie, tratteggia un’Europa allo sbando e nel 1949 La pelle – definito il libro dello scandalo – ambientato nell’Italia occupata dagli Alleati, con cui Malaparte collaborò fino alla Liberazione. Nel dopoguerra abbandonò l’Italia e a Parigi si dedicò al teatro e al cinema, ritornando poi alla scrittura e ai viaggi. Gli ultimi in Russia e in Cina dalla quale tornò nel marzo del 1957; dopo pochi mesi morì per un tumore ai polmoni, aggravato da dai quei gas che aveva inalato nelle trincee della Grande Guerra e che gli avevano causato dolori e ricadute per tutta la vita.