Cuore al passato

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    Era il 5 settembre 1959 quando, al Monumento-Faro sul Monte Bernadia, che si eleva alle spalle di Tarcento (Udine) ebbe luogo la solenne cerimonia di tumulazione dei resti di sei soldati tarcentini Caduti in guerra. Cinque erano morti nel primo conflitto: il sergente maggiore alpino Vittorio Pellarini, gli alpini Aldo Colautti, Ottelio Vattolo, Giovanni Gatti e il fante Giacomo Fabbro; i resti del sesto Caduto erano quelli dell’artigliere Alcide Tosolini, morto in Grecia nel secondo conflitto.

    Dopo la benedizione dei feretri, impartita sul sagrato del Duomo di Tarcento, le salme furono traslate sul Monte Bernadia per essere inumate nella piccola cripta alla base del monumento. Le cinque salme della Grande Guerra erano state esumate dalla cripta del Duomo, dov’erano state riposte nell’autunno del 1933, mentre quella del Tosolini era giunta nel 1954 dal Sacrario dei Caduti d’oltremare di Bari e riposava nel cimitero comunale. Il giorno seguente, 6 settembre, ebbe luogo l’annuale cerimonia di commemorazione dei Caduti di tutte le guerre e in particolare per quelli della divisione Julia, cui il Faro era stato dedicato. Esattamente sessant’anni fa si coronava quindi il progetto del colonnello Enrico Mattighello, nativo della Val Torre, ideatore e promotore di un monumento a forma di penna mozza che sosteneva un faro tricolore rivolto verso la sottostante pianura.

    Il 14 settembre 1958 questo primo traguardo fu raggiunto e con la deposizione delle salme, in accordo con Onorcaduti e il Comune di Tarcento, diventò un sacrario nazionale, a monito e ricordo delle passate guerre. Con il cuore rivolto al passato l’8 settembre scorso si è svolto il 61º incontro- pellegrinaggio sulla cima del Monte Bernadia, non casualmente accostato all’attiguo ex forte militare, eretto nel primo Novecento a vigile scolta della vicina valle dell’Isonzo. La cerimonia di quest’anno si è svolta in due tempi, con una prima parte il sabato sera; il programma prevedeva un concerto con la fanfara della brigata Julia, diretta dal capo musica sergente Flavio Mercorillo, sul piazzale davanti al monumento, seguito dall’accensione del nuovo faro tricolore a led, dono dell’azienda elettromeccanica tarcentina Baglem srl di Balzarotti. Per uno strano destino esattamente quarant’anni fa, il 1º settembre 1979, il faro fu riacceso dopo la forzata pausa causata dal terremoto del 1976.

    In una mattinata grigia e piovosa è iniziato l’afflusso dei partecipanti, accanto alle autorità civili, militari e al picchetto con fanfara della Julia, ricevuti dal Revisore nazionale Mauro Ermacora, dal Presidente della Sezione di Udine Dante Soravito de Franceschi, con il consiglio direttivo. Tra le autorità civili convenute, i sindaci di Tarcento, Mauro Steccati; quello di Lusevera, Luca Paoloni; di Magnano in Riviera, Roberta Moro e altre rappresentanze comunali. La Julia era rappresentata dal vice comandante col. Andrea Piovera e dal comandante dell’8º col. Franco Del Favero. Il ten. col. Norbert Zorzitto in rappresentanza di Onorcaduti. Un posto d’onore era riservato al reduce della Gaf Annibale Tosolini, fratello di Alcide, caduto in Albania nel 1943, la cui salma riposa nel sacrario del monumento.

    Nei locali della “Casa della pace”, sottostanti il piazzale del monumento, si sono succeduti gli interventi e il cappellano della Julia don Giuseppe Ganciu ha celebrato la Messa, accompagnata dal coro Picozza di Carpacco diretto dal Maestro Martina Gorasso, dato inizio alla funzione sulle note di “Ai preat la biele stele”. Il sindaco di Tarcento Steccati si dice convinto che i simboli e i valori di allora sono rimasti immutati nel tempo, anche se oggi pare superfluo parlare di Patria e di Bandiera. «Eppure – prosegue Steccati – ancor oggi gli alpini, in armi o in congedo, sono presenti tra noi per garantire pace e sicurezza, nel senso più ampio del termine». Il col. Piovera ha ringraziato i parenti dei Caduti inumati nel sacrario, riassumendo brevemente le fasi della traslazione dei tumulati nella cripta del Faro; ricorda che oggi ci troviamo qui davanti a questo monumento per confermare ciò che esso rappresenta per tutti noi: pronti a ribadirlo in ogni giusta occasione.

    Il Presidente sezionale Soravito ha parlato della genesi del monumento che trae le sue origini dai nostri Caduti. «Siamo in grado noi oggi di perpetuare questo ricordo operando tutti uniti per rispettare e onorare i nostri Caduti e i valori che essi rappresentano, sull’esempio di quelli custoditi nella cripta del nostro monumento? Io credo di sì – conferma Soravito de Franceschi – forse non con lo stesso slancio ma se ci troviamo qui vuol dire che i nostri valori non sono venuti meno». Al termine del rito, concluso dalla Preghiera dell’Alpino, si è riformato il corteo verso il piazzale del monumento per gli onori ai Caduti e la posa di una corona al sacello, favoriti da una pausa della pioggia.

    Paolo Montina