Con l’accento sgarbato

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    È quando ti trovi tra persone e in luoghi che conosci bene che ti capita di concentrarti su aspetti particolari che altrove ti sfuggirebbero, impegnato come sei a cogliere le novità che ti circondano. Mi è capitato in queste settimane in Valle Camonica, frequentando le manifestazioni là organizzate prima per il Pellegrinaggio in Adamello e poi per il conferimento del Premio fedeltà alla montagna: confortato dal risuonare di accenti ostici per i più ma a me familiari ho osservato e ascoltato.

    Ho visto tanti capelli e barbe grigie e bianche salire su pendenze faticose e questa non era certo una novità, sappiamo che stiamo, in molti casi gagliardamente, invecchiando; ma ho visto anche tanti non alpini partecipare con entusiasmo alle nostre iniziative, ho visto paesini appollaiati sopra i mille metri di altitudine, lontani da quei servizi a cui sembra non riusciamo più a rinunciare, talmente pavesati con bandiere, coccarde e nastri tricolori da far impallidire qualunque Adunata. E, soprattutto, ho visto ragazzini e bambini comportarsi “da alpini”, a bordo campo, in rispettoso ascolto delle fanfare; a uno, forse di dieci anni, ho chiesto di chi fosse il cappello che aveva in testa: «È quello da congedante di mio papà, ha detto tutto serio. Il suo, quello vero, lo porta lui, con il gagliardetto nello schieramento». Ma tu, ho insistito, vorresti essere alpino? «Certo, ha sorriso, se potrò…».

    Al netto dell’amore filiale, le intenzioni possono affievolirsi col passare del tempo, ma lo sguardo ed il sorriso erano confortanti. Confortanti perché il nostro amato Paese, ancor prima della nostra non meno amata Associazione, ha bisogno di idee chiare, di senso del dovere, di appartenenza, di rispetto per le istituzioni, anche se spesso sono proprio le istituzioni ad offrire spettacoli non edificanti. Confortanti perché è su questi giovani che dobbiamo puntare: sanno rispondere con entusiasmo e i Campi scuola per quelli tra i 16 e i 25 anni ce lo confermano ormai ogni anno.

    Sperimenteremo formule per garantire il tanto agognato futuro associativo. Ma non esistono formule magiche e nessuno tirerà fuori un coniglio dal cilindro per il domani d’Italia e tanto meno per quello della nostra Associazione: servono solo impegno e dedizione. Magari con qualche attenzione in meno a giacche, cravatte e nastrini; magari con meno tendenza personalistica ad assicurarsi un incarico di cui fregiarsi.

    Lo ha ricordato persino il Papa, ricevendo in udienza privata i presidenti di Sezione: «Gli alpini sono con e per, con e per la gente». Ho partecipato, con fatica, a molti incontri in cui prevaleva un bizantinismo polemico; ricevo ogni mese in redazione decine di lettere che si appigliano a particolari e formalismi che nessuno percepirà mai, o si scagliano contro questo o quel politico; la società ha subìto trasformazioni profonde, il politicamente corretto è diventato onestamente insopportabile, i social network tritano stereotipi (anche su di noi) facendo strame di qualunque argomento senza neppure conoscerlo.

    Non è polemizzando che ci garantiremo il domani. Faticando sempre più, perché saremo meno numerosi, dobbiamo fare quello che da sempre ci ha garantito il rispetto di tutti: essere d’esempio. Sarà per questo che continuo a stare volentieri tra gli alpini con l’accento sgarbato, pronti a correre ovunque con una motosega e una pala, ma ritrosi per timidezza a salire sull’altare per una lettura delle Scritture.

    Massimo Cortesi