COMO – Cuore e croce

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    Un’anziana signora è in piedi sull’uscio di casa e scruta la strada deserta in attesa dell’incaricato che le consegnerà la spesa. Ecco di lì a poco comparire un alpino che, mantenendo la dovuta distanza, saluta e porge il sacchetto. Stupita da quella presenza la signora non riesce a trattenere le lacrime. «Un alpino!» esclama, gustando quel profondo senso di gioia nel trovarsi di fronte un amico inaspettato e per di più col cappello e la penna nera. Davanti a quella manifestazione di simpatia anche l’alpino si commuove, vorrebbe abbracciare quella donna ma sa che non può. Lei racconta di essere vedova e sola in casa perché i figli sono bloccati altrove dal virus, invita l’alpino a entrare ma si ricorda che è proibito e si scusa per non averci pensato subito.

    Alla fine ringrazia anche per le quattro parole scambiate in qual mare di silenzio e saluta con gli occhi ancora più lucidi. L’alpino, emozionato, riprende il suo giro consapevole di essere non solo il portatore della spesa, ma soprattutto un messaggero di conforto e di speranza. Ma almeno altre due circostanze hanno suscitato meraviglia. Una gentile signora ha chiesto all’alpino il favore di prelevarle denaro nella vicina banca, consegnandogli la tessera bancomat e il rispettivo codice pin; l’alpino, sbalordito da così illimitata fiducia, non ha nemmeno pensato a schermirsi e ha immediatamente provveduto a eseguire la gentilezza richiesta. Un’altra signora vedova, impossibilitata a muoversi e non più in grado di scrivere a causa della vista indebolita, ha telefonato al titolare del negozio presso il quale è solita fare la spesa, chiedendo il favore non solo di consegnare la spesa agli alpini, ma anche di accettare un assegno firmato in bianco e compilato da uno di loro a saldo del conto.

    Tre lezioni di vita permeate di altissimo valore umano; una così alta stima se da una parte appaga il cuore, dall’altra chiede di non interrompere questa catena di solidarietà. È un cerchio che si chiude: si offre generosità, si riceve riconoscenza; un’equazione che vince sempre. Quanto sin qui raccontato è solo la punta di un iceberg che esprime le mille facce della solidarietà alpina espressa in decine di attività diverse. Ancora qualche esempio: confezionamento in proprio di mascherine con la mobilitazione delle sante mogli degli alpini e delle fidanzate; raccolta di viveri distribuiti in una sorta di colletta alimentare di paese; consegna di medicinali; donazione di tablet e computer portatili a famiglie per le lezioni scolastiche; dono di colombe e uova di cioccolato alle case di riposo per la Pasqua; aiuto ai nuclei di Protezione Civile; collaborazione con i Comuni per le più svariate necessità. Gli alpini della Sezione di Como hanno coniato una frase simpatica: “Tutti ci chiamano: non ci ferma più nessuno!”. Allora possiamo paragonare la situazione creata dal Coronavirus alle due facce di una medaglia: testa e croce, anzi, cuore e croce.

    La croce simbolo della sofferenza che ha accomunato gli ammalati, soprattutto quelli che sono stati sepolti senza un ultimo abbraccio; la croce dei sanitari, sottoposti a una pressione incredibile e la croce della solitudine degli anziani soli. Ma c’è anche l’altra faccia della medaglia: il cuore. Il cuore di una moltitudine di volontari che ha lavorato senza cedere alla voglia di arrendersi tra i quali le Forze dell’Ordine, i militari, la Protezione Civile, collaboratori di ogni età e gli alpini. Le penne nere il cui cuore non solo è grande, disponibile e generoso, ma capace di mettere in campo tutte le fantasie possibili per inventare mille modi di offrire aiuto e conforto. Gli alpini armati di fede e di amore. Quali lezioni trarre? Tante, ma per noi alpini una in particolare: “Non mollare mai” libera traduzione dal bergamasco “molamia”.

    Piergiorgio Pedretti