Colori alpini

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    Gli amici de L’Alpino mi han chiesto un pezzo “di colore” sull’Adunata. Per pezzo di colore, tecnicamente si intende un articolo che esca dalla semplice cronaca, per concentrarsi su impressioni, immagini, sensazioni legate all’evento. Però, per curiosa assonanza, mi è venuta in mente un’altra cosa: ma che colore ha un’Adunata degli alpini? 

     

    Certamente verde: come le nostre mostrine, come i cappelli, ma anche come i viali alberati di Asti, che hanno fatto da cornice alla sfilata davanti alle tribune in piazza Alfieri. E verde come l’erba su cui ci piace piantare le tende dei nostri campi, verde come i pascoli di montagna, così dolci da attraversare quando è primavera. Ma è anche azzurra, come il cielo che ci ha regalato dodici ore bellissime, limpide, non troppo calde, perfette per ammirare lo spettacolo delle quasi diecimila file di alpini che hanno attraversato il centro di Asti tra ali di folla.

    Oppure gialla, come le tute degli uomini della Protezione Civile, che hanno lavorato per lasciare in dono alla città tanto ospitale, giardini e parchi risistemati, sia pubblici, sia nelle scuole. E perché non bianca, come la tenuta da sciatore, in sfilata addosso a reparti di rievocazione storica o gruppi sportivi.

    Ma bianca anche come il sorriso delle donne, che sono state tra le protagoniste dell’Adunata: ne ho viste a migliaia, hanno accompagnato i “loro” alpini, hanno invaso le vie cittadine in festa e si sono unite alle donne astigiane, davvero cordialissime e riconoscenti con le penne nere, che nel 1994 estrassero letteralmente a badilate la città dal fango della devastante alluvione. Loro sono il segnale più bello ed inequivocabile che un’Adunata non è solo folclore, ma è sostanza vera di rapporti umani, di solidale gratitudine.

    Anche nera e marrone? Certo, come le nostre penne: sarà un’impressione, ma ad Asti ho notato un generale miglioramento nella cura dei cappelli alpini. Si vedono sempre meno improbabili penne giganti e infiocchettate e la forma dei copricapi è sempre meno “acciaccata”, anche in quelli dei più giovani, che stanno recependo con attenzione il significato di una “forma” che è soprattutto segno di rispetto, per se stessi e per gli altri.

    Quanto ai cappelli “tarocchi” da bancarella, ne ho visti in giro davvero parecchi: divertenti se messi in testa per l’occasione dall’alpino alla fidanzata o al figlioletto, che vengono accomunati alla festa, segno distintivo di comportamenti sciocchi e inutilmente commentabili da parte di ragazzi, troppo giovani per aver svolto il servizio militare, che scambiano l’Adunata per l’Oktoberfest (ma la questione è ben difficilmente risolvibile, anzi per ora temo ineluttabile, visto l’andazzo attuale delle abitudini sociali).

    Ci sta bene anche un color mattone, che contraddistingue alcuni degli edifici più caratteristici di Asti, come la splendida Collegiata di San Secondo, chiesa risalente al XIII secolo, davanti alla cui facciata è arrivata la Bandiera di Guerra del 2º Reggimento alpini, o come la Torre Troyana (simbolo dell’Adunata) o quella Comentina, capolavori del medioevo astigiano. Ma, in tema di “colore” giornalistico, da Asti torniamo col cuore gonfio di emozione, grati anche al Santo Padre, la cui famiglia è di origine astigiana, che ci ha salutati da Piazza San Pietro, rivolgendo un pensiero ai nostri Beati e invitandoci a seguire il cammino tracciato da loro.

    Abbiamo vissuto giornate molto belle, scandite da appuntamenti emozionanti come quelli con le Sezioni all’estero, tradizionali fin che si vuole, ma ogni anno sempre più commoventi, pensando a quale attaccamento alla Patria abbiano questi alpini, che magari sono lontani da oltre 50 anni, ma che si sobbarcano sempre trasferte anche lunghissime per non mancare all’appuntamento con i loro fratelli rimasti in Italia. Sapevamo di poter “giocare in casa” ad Asti, perché il Dna delle terre piemontesi è alpino ed è in Piemonte che sono nate le penne nere: ma l’esperienza di quattro giorni nella bella cittadina, famosa in tutto il mondo per il suo vino moscato e per il suo territorio patrimonio dell’Unesco, è andata al di là di ogni aspettativa.

    Anche il ministro della Difesa, Roberta Pinotti, a lungo sulle tribune ad applaudire la sfilata, ha elogiato con la stampa il modo di essere degli alpini, che dal servizio militare hanno saputo trarre linfa per dare vita ad un movimento così incisivo nella società, grazie alle opere di solidarietà concreta sul territorio. Chissà che l’esempio fornito dall’Adunata di Asti diventi un tassello in più per la proposta, faticosamente in itinere, di istituire un servizio obbligatorio per i giovani, nell’ambito del Terzo settore, che veda un ruolo anche per l’Ana.

    Ultima annotazione: aumenta il numero di penne nere che raggiungono la sede dell’Adunata in bicicletta o addirittura a piedi, in più tappe (come Dario e Giangi che sono partiti da Edolo, in Val Camonica e in dieci giorni hanno percorso 360 km per arrivare ad Asti)… segnale positivo: sono tanti i soci Ana in splendida forma.

    Massimo Cortesi

    m.cortesi@giornaledibrescia.it