Cinquant'anni fa. E sembra ieri

    0
    47

    DI FULVIO FUMIS



    Per cinque volte Trieste ha incontrato gli Alpini, quelli delle memorabili adunate nazionali. Vennero qui nel 1930, quando il mito delle penne nere del Montenero, dell’Ortigara, dell’Adamello e del Grappa erano ancora riferimenti vivi della memoria; tornarono nel 1939, alla vigilia di quella tragedia immane che avrebbe sconvolto l’Europa e si sarebbe allargata al mondo; si ripresentarono nel 1955 quando Trieste era alfine uscita dalle conseguenze dell’ultimo conflitto avendo riabbracciato l’Italia da appena un anno. Dieci anni dopo, nel 1965, erano ancora nelle vie di questa città per tornare alfine nel 1984, per riaffermare un affetto
    immutato e risvegliare un sentimento patriottico che sembrava assopirsi. Di questo la città fu grata agli alpini fidando, fin da allora, in un nuovo incontro.
    Il momento è giunto nel nuovo secolo, e non è un momento qualsiasi. Questo è l’anno del Cinquantenario della seconda redenzione di Trieste, del ritorno all’Italia. Lo si è detto: solo allora, il 26 ottobre del 1954, Trieste vide la conclusione d’un conflitto che nel resto dell’Italia si era concluso nove anni prima. Fu quella una giornata memorabile di affetto e partecipazione in cui Trieste mise a nudo la propria anima sconcertando chi, alla passionalità, non era più aduso e riportando nel paese, che Trieste non esitava a chiamare Patria, un sentimento di orgoglio e di fiducia ereditato lungo i secoli di padre in figlio.
    I poeti e gli scrittori di questa città che non ha mai esitato a portare il suo contributo di valore e di corresponsione all’Italia, hanno messo in evidenza la sua scontrosità quando non anche la sua tragicità. Sono categorie del suo spirito costretto a convivere con lunghe attese e speranze non sempre appagate. appagate. Quando Trieste ha dovuto scegliere, non ha mai esitato perché, come ha detto uno scrittore di casa, alpino anche lui, Manlio Cecovini, il suo patriottismo non è una carta falsa .
    Per chi non conosce l’anima di questa città potrà costituire una scoperta curiosa rilevare come in essa si concentrino caratteri cosmopoliti, di cui la presenza di chiese attestanti culti diversi sono un aspetto solo indicativo; e allora si chiederà
    dove i triestini abbiano attinto quella peculiarità patriottica che li ha sempre distinti davanti ai fratelli italiani.
    Gente concreta, di ampie vedute, sicuramente di respiro europeo, la gens triestina ha sempre anelato a una patria che, per lingua e per cultura, non poteva che essere l’Italia. Il binomio Trieste Italia potrebbe apparire scontato se dietro ad esso non ci fosse una scelta intrisa di drammaticità, confermata anche con il sangue. Per questa ragione cinquant’anni fa la città viveva il secondo momento più intenso della sua esistenza. Chi ha vissuto quelle giornate sa che furono irripetibili: la città era entrata in una festa dello spirito e della coscienza così intensa e collettiva da superare ogni immaginazione.
    Sebbene nella motivazione della medaglia d’Oro a Trieste si faccia esplicito riferimento all’assorbimento di stirpi diverse in un clima di reciproco rispetto, molti responsabili dei poteri nazionali hanno dimenticato che cosa significasse questa spontanea operazione di acculturamento e di proiezione dell’italianità di Trieste oltre i confini.
    Questo fu il compito che la storia le aveva assegnato e il compito fu degnamente assolto. Va però aggiunto che la generosa partecipazione di questa città alle vicende della storia italiana con mille volontari irredenti nel primo conflitto mondiale, con il sacrificio di sangue nelle sue strade, con il valore dei suoi uomini fra cui si contano otto medaglie d’Oro alpine, non bastarono a renderla paga.
    A lungo si è sentita incompresa, ha richiesto attenzioni che non si esaurissero in provvidenze contingenti ma in una strategia che rivitalizzasse Trieste per quello che è: una comunità colta, disponibile e attrezzata per offrire all’Italia il meglio di sé. In un’alternanza di recuperi e delusioni, Trieste ha trascorso i cinquant’anni dal grande evento del 26 ottobre 1954 in una sorta di clima d’attesa per riguadagnare il posto che sente spettarle.
    Gli Alpini, con la loro Adunata nazionale, hanno l’onore di aprire, a Trieste, le celebrazioni del Cinquantenario del ritorno all’Italia. Trieste saprà essere a loro grata per rievocare quel lontano tripudio sotto il segno del Tricolore che, da almeno due generazioni, non si è più visto rivestire le strade, finestre e terrazze.
    Gli Alpini possono compiere il miracolo d’un risveglio che la gente di questa città attende: sa che sugli Alpini si può sempre contare.